Sandro Fontana, scomparso il 4 dicembre del 2013, è stato una persona poliedrica. Storico, intellettuale, amministratore locale, ministro e politico di rango. La sua vita pubblica è stata caratterizzata dall’impasto di questi tasselli accomunati, però, da un’unica stella polare. E cioè, la fedeltà creativa alla tradizione, al pensiero, alla cultura e alla stessa prassi del cattolicesimo popolare e sociale. Perché se c’è un aspetto specifico, al di là delle vicende politiche e di partito, che ha contraddistinto l’iniziativa politica e culturale di Sandro Fontana è sempre stato quello di saper inverare nel contesto in cui operava i valori e l’esperienza di una tradizione che lo ha visto protagonista non solo come docente universitario e storico ma anche, e soprattutto, come dirigente politico e legislatore. Alla Regione Lombardia come al Senato, al Governo come nel Parlamento Europeo, Fontana non ha mai rinunciato a quella cultura politica che lo ha formato e per cui si è battuto sino alla fine della sua vita. Ed è proprio questo aspetto, peraltro costitutivo ed importante, che conserva una straordinaria attualità anche nella stagione politica contemporanea. E cioè, in una stagione che registra un pesante arretramento delle culture politiche e una regressione democratica e partecipativa degli stessi partiti, la “lezione” di Sandro Fontana – a livello politico come sul versante culturale – conserva una forte modernità. Anche perché, e ieri come oggi la questione non è cambiata, in politica si può giocare un ruolo solo se si è espressione di una cultura politica ed interpreti di un pezzo di società che poi, come ovvio e del tutto scontato, si confronta a tutto campo con altri interlocutori politici e culturali. E Sandro Fontana, al riguardo, è sempre stato coerente con questa regola, apparentemente semplice ma in realtà impegnativa sotto il profilo della lungimiranza politica. E così è stato per molti anni durante la sua stretta collaborazione con Carlo Donat-Cattin alla guida della sinistra sociale di ispirazione cristiana della Dc – la storica corrente di Forze Nuove – come il suo impegno alla Presidenza del CCD e alla vice Presidenza del Parlamento Europeo nel gruppo del PPE.
Insomma, Fontana è stato uno dei migliori interpreti, nonchè scrittore, del cattolicesimo popolare e sociale nel nostro paese. Una posizione, questa, che gli ha permesso di mantenere una rara coerenza nella politica italiana senza esporsi ad atteggiamenti di natura trasformistica o, peggio ancora, di marca opportunistica. Non a caso, abbiamo titolato un libro scritto alcuni anni fa e dedicato a Sandro Fontana come “l’anticonformista Popolare”. Cioè una figura che non ha mai rinunciato alla sua storica identità politica e culturale. E questa, forse, è la cifra più significativa e più rilevante che si possa ricavare dal ‘magistero’ politico di Fontana da un lato e di rilanciarla, in termini seppur aggiornati e rivisti, nel dibattito politico contemporaneo dall’altro. Anche perché non possiamo più permetterci il lusso di raccogliere, con umiltà e discrezione, il testamento politico dei grandi leader del cattolicesimo popolare e sociale se poi non abbiamo il coraggio, o la volontà, di saperlo tradurre anche nel contesto in cui concretamente siamo impegnati. Perché se così fosse il tutto si ridurrebbe ad una grigia ‘operazione nostalgia’ e ad un’azione meramente testimoniale. E proprio uomini come Sandro Fontana ci ricordano, ogni giorno, che senza una definita e precisa identità politica vissuta e praticata è la stessa politica ad andare irreversibilmente in crisi.