Il cambiamento della guida politica della Lega è un elemento che non può non interpellare anche chi proviene da una tradizione popolare, cristiano sociale e democratica. Soprattutto al Nord e nelle realtà che sono sempre state caratterizzate dal buon governo delle realtà cittadine.
Anche la Lega, almeno così pare, potrebbe essere arrivata al giro di boa decisivo. Non stupisce affatto. I partiti che si identificano radicalmente con il “capo” e solo con il “capo” prima o poi rischiano di finire al capolinea. Gli esempi sono noti e molteplici ed è persin inutile elencarli. Certo, ci sono i modelli più recenti e quelli meno recenti. Da Di Pietro a Fini, da Renzi a…probabilmente Salvini. Certo, molto dipende da cosa capiterà concretamente domenica prossima con il rinnovo della guida delle principali città italiane. Ma un fatto è indubbio: la leadership politica di Salvini è in crisi. È inutile girarci attorno. Le ultime vicende lo hanno platealmente confermato. E questo al di là e al di fuori ancora del “caso Morisi”. Cito un solo fatto di cronaca, apparentemente secondario ma profondamente indicativo.
Tutti sappiamo che l’unica città politicamente contendibile, forse, è Torino per la qualità e la caratura del candidato a Sindaco di quell’area, Paolo Damilano. Ebbene, durante l’ultima visita di Salvini a Torino – mercoledì pomeriggio con un comizio nella periferia torinese di Barriera – Damilano ha fatto sapere che non sarebbe andato al comizio del “Capitano” perchè impegnato in una iniziativa elettorale con il Sindaco di Genova…. Campagna elettorale, quella di Damilano, che si concluderà invece in una piazza torinese con l’intervento del Ministro Giorgetti.
Ora, è evidente quasi a tutti – credo – che un eventuale, e per nulla irrealistico, cambio di guarda alla guida della Lega, una volta archiviata la stagione ruspante e popolana di Bossi e quella populista e sovranista di Salvini, non potrebbe che riconoscersi in un progetto oggi interpretato da personaggi come Zaia, Giorgetti e molti altri esponenti di quel nord produttivo, popolare, radicato nel territorio, ben governato e liberale. Un progetto politico – non è difficile capirlo – che si avvicinerebbe alquanto, al netto dei comprensibili e scontati cambiamenti, alla lunga stagione della Democrazia Cristiana e al buon governo che l’ha ispirata e caratterizzata per moltissimi anni in quelle zone. È un dato, questo, che emerge in modo palpabile discutendo e confrontandosi con molti amici, amministratori locali, dirigenti politici e animatori culturali di quei territori. Certo, il progetto politico di Salvini ha saputo intercettare – in piena epoca populista e anti politica – un consenso trasversale e massiccio.
Ma il populismo – anche nella sua versione originale e principale grillina – sta entrando progressivamente in crisi, soprattutto dopo l’azione e l’arrivo al Governo di Mario Draghi. E com’è capitato per il partito di Grillo e di Conte, così oggi succede al partito del “Capitano”. E, oltre alla crisi progressiva del populismo giustizialista e manettaro grillino – anche se, purtroppo, continua a caratterizzare il profilo di quel partito – nella Lega c’è anche la crisi di un progetto politico che si manifesta in modo persin troppo plateale per non essere rilevato. E le recenti interviste di un esponente autorevole e qualificato come il Ministro Giorgetti lo confermano senza fare ulteriori commenti.
Ecco perchè l’eventuale, ma non più impossibile, cambiamento della guida politica della Lega è un elemento che non può non riguardare ed interpellare anche chi proviene da una tradizione popolare, cristiano sociale e democratica. Soprattutto al Nord e nelle realtà che sono sempre state caratterizzate dal buon governo delle realtà cittadine. In modo pragmatico, concreto e trasparente. Insomma, il dibattito politico all’interno della Lega, adesso, non può non interessarci. Semprechè il populismo e il sovranismo cedano il passo e vengano sconfitti e archiviati definitivamente ed irreversibilmente.