Il politologo del “Corriere della Sera” vede nel governo, ovvero nella conduzione che di esso fa il Presidente del Consiglio, un elemento di sostanziale trasformazione del sistema politico. Questo, in parte, è inconfutabile. Tuttavia, paragonare Draghi a De Gaulle non appare persuasivo.
Sul “Corriere della Sera” dell’8 settembre Ernesto Galli della Loggia paragona Mario Draghi ad “una sorta di De Gaulle italiano. [L]’uomo cioè che giunto al potere per una combinazione imprevedibile opera una trasformazione sostanziale del sistema politico.”
Il paragone appare un pochino azzardato, soprattutto se riferito alla V^ Repubblica francese nel senso di una certa frattura fra Parlamento ed iniziativa autonoma del Governo.Ora, che Draghi si muova in autonomia rispetto ai Partiti che lo sostengono è un fatto inconfutabile. Ed altrettanto inconfutabile è la sicurezza con la quale si muove l’attuale presidente del Consiglio, dando cioè l’idea di un Governo che durerà sino alla scadenza naturale della legislatura e che dunque è al riparo da eventuali imboscate. Anzi, per la quasi totalità dei partiti e movimenti presenti oggi in Parlamento, Draghi rappresenta l’àncora di salvezza che potremmo sintetizzare ironicamente nel famoso motto di Enrico IV°: “Parigi val bene una messa”.
Però da qui a descrivere tale situazione come “un oggettivo cambiamento di regime” mi sembra fuori da qualsiasi considerazione realistica dell’attuale situazione politica italiana.
Secondo l’editorialista del “Corsera” infatti “il mandato vero a governare, il mandato sostanziale, Mario Draghi non lo trae dalla volontà dei partiti ma da un’altra fonte, che potremmo indicare come la volontà del Paese.”
Il ragionamento di Galli della Loggia ha un preciso fine non celato: quello di mettere in evidenza lo stato comatoso di questi partiti per arrivare a quella riforma della Costituzione in senso renziano che nel 2016 ebbe il no convinto della stragrande maggioranza del popolo italiano.
Ma l’illustre politologo ed accademico dimentica anche (forse volutamente) l’attacco alla Costituzione fatto nel 1994 dalle destre (in pieno clima berlusconiano) al punto che dopo anni di silenzio dovuto alla sua scelta di vita monastica e religiosa, scese in campo Giuseppe Dossetti (padre costituente e leader della prima sinistra democristiana) attraverso un invito a formare in tutti i Comuni comitati spontanei per la difesa della Costituzione.
Non è il “parlamentarismo esasperato” la causa della crisi di questi partiti e della politica in generale, ma l’assenza di valori ed idee forti di riferimento. Questi partiti non hanno più nulla da dire: si muovono sul terreno della politica spettacolo, dei talk show (dove il più bravo è quello che riesce a non far parlare l’avversario), della gestione del potere come mezzo di conquista del consenso. Ѐ abbastanza curioso e molto strano che questi politologi di area cosiddetta laica non facciano mai riferimento all’etica della politica, all’onestà, alla competenza, alla pulizia.
Padre Bartolomeo Sorge amava ripetere negli ultimi tempi che non è sporca la politica, ma la politica è sporcata dagli uomini. Vorrei aggiungere modestamente che la politica è sporcata dagli uomini quando non è supportata da regole morali e, perché no, da principi ispiratori religiosi.