Sono trascorsi dieci anni da quando Papa Francesco, nell’agosto del 2014, espresse la sua opinione circa lo svolgimento in atto di una “terza guerra mondiale a pezzi”. Un’espressione che in molti, i più, interpretarono come originale, e forse non perfettamente rispecchiante il suo vero pensiero a causa della sua buona ma non eccellente conoscenza della lingua italiana, e comunque più una battuta che una precisa fotografia della realtà in essere, o in divenire. E invece il Santo Padre aveva esattamente colto il punto, primo fra tutti.
I numerosi focolai di guerra e i conflitti che già si svolgono da tempo nel mondo si stanno lentamente ma inesorabilmente saldando con la tensione crescente fra diversi blocchi di nazioni nei cinque continenti generando così una situazione invero preoccupante per il futuro dell’umanità. Da quell’agosto di un decennio fa la condizione umana sulla Terra è peggiorata, perché sono oltre 50 i conflitti attualmente in corso, anche se solo due fra questi suscitano l’interesse preoccupato della comunità internazionale.
Ogni scontro armato, inclusi quelli principali, ad una prima analisi ha evidentemente un’origine locale e una motivazione geopolitica regionale. Dotte dissertazioni ci hanno spiegato negli ultimi due anni le ragioni che inducono il risveglio egemonico del Russkij Mir, il Mondo Russo, con la conseguente venatura neo-imperiale venuta alla luce con la tentata e in parte riuscita invasione dell’Ucraina, a cominciare dalla Crimea proprio dieci anni fa. E dopo il 7 ottobre tutti abbiamo riscoperto la mai risolta questione palestinese e la connessa questione ebraica, accantonate per anni nonostante i periodici sussulti di un territorio, quello che genericamente viene definito Medio Oriente, che non conosce vera pace da troppo lungo tempo.
In realtà, però, si intravede a livello globale un quadro generale più complesso, nel quale il peso della questione demografica diviene preminente e si innesta con quello della questione ambientale, clamorosamente evidente con il continuo manifestarsi di un cambiamento climatico ormai difficile da negare (anche se i professionisti del negazionismo sono tuttora numerosi e ancora forti politicamente ed economicamente). E ciò che si intravede, alla luce di quelle due questioni, è la nuova versione dello scontro fra Nord e Sud del mondo – denunciato già oltre mezzo secolo fa in una realtà però assai diversa dall’attuale – che poi oggi è forse più corretto indicare come il possibile isolamento dell’Occidente ad opera di un “Mondo Contro” (efficace definizione apparsa sulla rivista di geopolitica Domino, diretta da Dario Fabbri) che in varia guisa e con diverse e differenti punte d’ariete (dalla Cina alla Russia) o ambigue cooperazioni competitive (dall’India all’Arabia, al Brasile) reclama un ruolo da protagonista sinora negatogli dall’unipolarismo culturale ed economico occidentale, definito e guidato dagli Stati Uniti d’America.
E forse è proprio questo che un decennio fa il Papa venuto “dalla fine del mondo” aveva compreso, avvertendo l’umanità dei rischi che il non controllato sfruttamento del bene più prezioso, il nostro pianeta, la Madre Terra, avrebbe comportato: rischi non solo ambientali ma finanche, appunto, di guerra fra le nazioni. E avvertendo con ciò in primis gli occidentali, alle prese con un processo di inarrestabile e profonda secolarizzazione tendente a emarginare completamente il divino dalle loro vite, non consapevoli che la demografia mondiale stava assumendo contorni per loro inquietanti.
L’Occidente in senso lato, alle prese inoltre con un tasso di denatalità crescente, cuba una percentuale sempre minore della popolazione mondiale. Una percentuale destinata a scendere ulteriormente nel corso del secolo secondo ogni proiezione demografica. In una realtà tecnologicamente interconnessa è impensabile che la più larga parte dell’umanità continui ad accettare condizioni di vita mediamente miserevoli in confronto a quelle vissute (e ora, a differenza di ieri, note a tutti) dalla minoranza benestante. Occidentale.
È questa la base fondante il tentativo di unificazione differenziata delle nazioni di quello che veniva chiamato Terzo e Quarto Mondo al quale sta mirando la Cina, utilizzando i suoi strumenti più peculiari, che sono eminentemente commerciali. Ed è questa altresì pure la linea del ragionamento della Russia, alla ricerca di alleanze in funzione anti-occidentale.
E così, dopo aver pagato un prezzo altissimo allo sviluppo impetuoso del Nord del mondo, sia nel periodo coloniale sia in quello post-coloniale, ora i paesi del Sud rifiutano di pagarne un altro sull’altare dell’ambientalismo, della lotta al cambiamento climatico la cui consapevolezza è invece crescente nei paesi che quel cambiamento hanno indotto. Ed è questo – oltre e al di là dei posizionamenti geopolitici, pur enormemente importanti nelle dinamiche mondiali – il tema più rilevante che oggi i “sapiens” devono affrontare per garantire un loro futuro, attraverso nuove generazioni, sul pianeta Terra. Se non lo faranno, come tutto purtroppo lascia intendere, la “guerra mondiale a pezzi” potrebbe presto aggiungere altri “pezzi”, sino a congiungerli tutti.