C’era un volta il Monte dei Paschi. Poi venne l’acquisto di Antonveneta, poi venne la crisi, poi furono chiamati i risanatori, che incapparono in condanne, poi la banca divenne pubblica quando il Ministro dell’economia era Padoan, poi Padoan fu eletto nel collegio di Siena, poi si dimise per diventare presidente di UniCredit ora in procinto di acquistare Mps, poi nel collegio di Siena si candida il segretario del Pd Enrico Letta, allievo di Andreatta, che volle il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia e si batté perl’autonomia delle banche dal potere politico.
Questo in sintesi. Ora vorrei però ricordare, in proposito,alcuni momenti che mi hanno visto protagonista in ambito parlamentare.
Durante la riforma della legge sul risparmio posi il problema di rispettare la legge Ciampi sulla presenza delle Fondazioni nelle aziende bancarie. Se ricordo bene la questione riguardava MPS, con Genova e Rimini che detenevano oltre il 50 per cento del capitale. Proposi di scendere al 30 per cento per i diritti di voto salvaguardando i diritti patrimoniali.
Ciò avrebbe consentito di aprire ad una maggiore trasparenza, con l’ingresso di nuovi soci, e forse impedito operazioni devastanti come quella di Antonveneta, che l’assenza di controlli ha agevolmente determinato.
La norma fu approvata dal governo Berlusconi con Tremonti ministro dell’Economia, ma il successivo governo Prodi utilizzò la delega prevista dalla legge 262 per cancellare proprio quella norma. L’operazione fu possibile grazie a un dispositivo inserito nel decreto legislativo, per il quale era necessario il voto solo in commissione alla Camera. Si trattò, a mio giudizio, di una evidente forzatura politica e regolamentare.
Questa è la storia di quanto avvenuto nel 2005. Se quella norma fosse rimasta, MPS avrebbe avuto un destinodiverso. In sostanza, la Fondazione avrebbe mantenuto un più ricco patrimonio e avrebbe potuto proseguire nella erogazione di risorse importanti per il territorio toscano, di cui hanno beneficiato molte comunità locali. Oggi invece si parla di difendere il marchio, di salvaguardare i posti di lavoro, al “bancomat” che non c’è più. Forse una autocritica di chi ha compiuto scelte politiche scellerate non guasterebbe.
[Il testo è tratto, su segnalazione dell’autore, dalla pagina Fb dello stesso]