Sinistra Dc, un patrimonio da riscoprire. L’opinione di Merlo.

Base e Forze Nuove, le due correnti di sinistra, davano vita a una posizione che segnava fortemente il dibattito interno alla Dc. Sulle tematiche di natura sociale come quelle di natura istituzionale, sulle materie di carattere economico come sulla concezione del partito e della democrazia nel suo complesso, non c’era settore che non prevedesse una specifica e puntuale costruzione di politiche adeguate e pertinenti. Non a caso, si è parlato spesso di un “partito nel partito”.

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Ci sono delle tradizioni politiche e culturali che, al di là dello scorrere del tempo e del mutare delle stagioni, conservano non solo una bruciante attualità ma anche, e soprattutto, una contemporaneità con le vicende politiche con cui concretamente ci dobbiamo confrontare. 

Parlo, nello specifico, della esperienza della ‘sinistra democristiana’. A prescindere dalle questione delle due sinistre democristiane che per molti anni si sono confrontate nell’ambito del partito riferimento, la Dc appunto, questa ricca e feconda esperienza politica e culturale non si è esaurita con il tramonto del partito di appartenenza. E ciò per un motivo molto semplice: vale a dire, la statura politica dei suoi esponenti da un lato – basti pensare a uomini e donne come Donat-Cattin, De Mita, Martinazzoli, Bodrato, Tina Anselmi, Marcora, Granelli, Galloni e moltissimi altri – e la capacità di elaborazione politica e la cultura di governo dall’altro, sono e restano pietre angolari per chiunque pensi di avvicinarsi all’impegno politico da una posizione democratica, riformista e cristianamente ispirata. 

Una considerazione che mi veniva in mente in questi giorni proprio di fronte alla recrudescenza del conflitto russo-ucraino. Ovvero, la riflessione sulla politica estera è sempre stata una costante decisiva per dispiegare un progetto politico e un programma di governo. È appena sufficiente ricordare, al riguardo, una esperienza editoriale come “Settegiorni in Italia e nel mondo” a cavallo fra gli anni ‘60 e ‘70 per rendersi conto che anche su questo versante nulla era affidato al caso, alla improvvisazione o alla fantasia. A cominciare, appunto, dalla politica estera. Cioè da come collocare l’Italia in Europa e, soprattutto, del ruolo dell’Europa nello scacchiere internazionale. Senza una credibile politica estera, dunque, non ci poteva essere una altrettanto credibile e seria politica interna.

Ma il patrimonio della sinistra Dc, pur con sfumature e sensibilità diverse – basti pensare, per fare un solo esempio, alla esperienza concreta della ‘sinistra sociale’ di Forze Nuove di Carlo Donat- Cattin e la sinistra di ‘Base’ di Ciriaco De Mita – non è riconducibile, come ovvio, alla sola elaborazione in materia di politica estera. Sulle tematiche di natura sociale come quelle di natura istituzionale, sulle materie di carattere economico come sulla concezione del partito e della democrazia nel suo complesso, non c’era settore che non prevedesse una specifica e puntuale costruzione di politiche adeguate e pertinenti. Non a caso, si è parlato spesso di un “partito nel partito”. E la riflessione era tutt’altro che effimera al punto che le componenti che erano riconducibili alla sinistra democristiana producevano riviste, agenzie stampa, convegni tematici capaci di dettare l’agenda della stessa politica italiana, oltre ad una presenza politica e culturale in ogni angolo del paese capace di qualificare l’intero partito perchè espressione, appunto, di una pensiero politico e di una solida ed autentica rappresentanza sociale.

In terzo luogo c’era una classe dirigente. Altrochè il populismo grillino o il sovranismo leghista. Una classe dirigente di rango locale e nazionale che ha certamente contribuito a qualificare la storica esperienza della sinistra democristiana e quindi del partito di riferimento ma che ha, al contempo, nobilitato la stessa politica italiana. A partire dalla cultura e dal filone del cattolicesimo democratico, sociale e popolare.

Per questi semplici motivi – preparazione sui temi specifici, elaborazione politica e culturale, capacità di confronto e una grande cultura di governo – l’esperienza della sinistra dc merita di essere ripresa ed inverata. Certamente in forme nuove e adeguate alla stagione contemporanea, ma con la consapevolezza che una tradizione culturale e politica non può essere semplicisticamente e qualunquisticamente abbandonata solo perchè è in vista un’alleanza da costruire con i populisti dei 5 Stelle da un lato o con i sovranisti dall’altro.

Un compito, se non addirittura un dovere morale per chi ha avuto l’onore di frequentare quei leader e di aver partecipato attivamente a quelle scuole politiche e di continuo e costruttivo apprendimento.