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mercoledì, 10 Dicembre, 2025
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Social-cesarismo. Leader in onda, cittadini in ombra

Astensionismo crescente, leader personali digitali, partiti liquidi senza comunità: nell’epoca delle grandi trasformazioni globali, la politica smarrisce forme e luoghi della partecipazione.

Astensionismo e cesarismo digitale

A fronte della forte crisi della partecipazione al voto, e quasi per bilanciarla, registriamo dunque un rovescio preoccupante, se nottragico, della medaglia. E cioè l’emergere del potere assoluto concentrato nelle mani dell’autocrate di turno, che, mascherato da democrazia, sta prendendo piede nel mondo. Un cesarismo social-digitale, da noi sotto traccia dei premierati e dei presidenzialismi proposti e auspicati. E non fa proprio niente se con l’aria assenteista che tira, il Premier e il Presidente saranno eletti da solo il 15-20% di tutti i cittadini italiani aventi diritto al voto.

Mondo nuovo, categorie vecchie

C’è solo da aggiungere che, al cospetto delle radicali trasformazioni in corso, cominciando dal clima, dall’IA e dalle inarrestabili migrazioni, e finendo ai cambiamenti di identità e ai nuovi valori che viviamo, con i tanti chef che preparano nuovi piatti personali, si continua a riflettere con molta “nonchalance” sui piatti e i gusti vecchi, catalogati disinvoltamente di destra, sinistra e centro; sulle categorie di progressisti e conservatori, massimalisti e minimalisti, radicali e superficiali, moderati o rivoluzionari. Non escludendo il sostantivo populista, ormai sulla bocca di tutti, a destra e a manca.

Mi viene da dire che sono tutte semplificazioni linguistiche della quotidiana lotta politica e della dialettica elettorale, che però non chiariscono mai sino in fondo a che cosa ci si vuole (oggi) riferire e che cosa si vuole (oggi) definire e indicare. Se non qualche bipolarismo storico di comunismo e fascismo, letteralmente scomparsi dalla scena culturale-politica e oggi in mano a minoranze nostalgiche, a volte pericolose. Oppure qualche centro democristiano, nato nel secondo dopoguerra solo e soltanto – come hanno affermato qualificati storici – perché in presenza di un comunismo italiano “internazionalista” e filorusso, e di un fascismo rimpianto, ma dopo Salò, ancora vivo e vegeto.

Il partito personale digitale

Piatti nuovi, gusti nuovi, tanti leader forti e solitari, e partiti personali digitali, perché il fenomeno nuovo della democrazia fragile e del mezzo “demos” che viviamo ai nostri giorni non è più quello che presenta veri e solidi partiti con i loro periodici congressi, le loro sezioni di territorio, i loro quotidiani, i loro incontri, con i loro iscritti e militanti, con le associazioni collaterali, partecipate caso mai e per adeguarsi ai tempi anche da remoto.

Ma solo partiti liquidi di singoli leader, che con i loro personali social si affacciano da remoto al risicato mondo degli interessati e alla variabile opinione pubblica; che compaiono sui manifesti solo e soltanto con la loro particolare faccia e con il loro nome sbandierato e proposto sin sulla scheda elettorale. E solo e soltanto attraverso una comunicazione digitale “social”, oppure su quella televisiva pubblica lottizzata, o ancora su quella di proprietà. Non escludendo quella cartacea schierata e di sostegno, come ha fatto ben capire Belpietro con il suo quotidiano La Verità (sic!), sul caso Garofani-Mattarella-Bignami che ha chiarito la pochezza e la parzialità del giornalismo italiano dei nostri giorni.

Il voto di opinione liquido

Sono stati Mannheimer e Pasquino, come ho detto nella prima parte di questo appunto, che nel loro recente libro sul voto ci hanno ricordato che dopo Tangentopoli sono nati molti “nuovi piatti” partitici con un incredibile indebolimento della fedeltà e coerenza verso i più vecchi, e con la smisurata crescita del gusto nuovo da assaporare elezione dopo elezione col voto di opinione cangiante, oggi influenzato e contagiato dal volto, dai vestiti del leader esposti in bella mostra nelle televisioni. Con il nome sin sulla scheda elettorale e sui pochi manifesti rimasti in circolazione.

I comizi? Solo con 5/6 telecamere e 5/6 reti televisive disponibili!

Il metodo sinodale come futuro politico?

Per tutto il resto tocca dire, piaccia o non piaccia a Micromega, che è solo la Chiesa cattolica che sta con lungimiranza proponendo una metodologia di futuro esportabile a pieno titolo alla democrazia politica. Non si tratta di un passato rimpianto e consegnato definitivamente alla storia con l’aria di secolarizzazione che tira e con un individualismo galoppante. La sua metodologia sinodale si fonda invece tutta sull’importanza, se non l’urgenza, di camminare insieme. Di costruire ponti e non muri, anche con gli opposti. Di parlarsi anche fra c.d. nemici: ciò ricorda un invito al dialogo e all’incontro con i comunisti fatto da Aldo Moro a Benevento, in uno dei suoi ultimi discorsi.

Di partecipare insomma alle terribili sfide, dietro l’angolo sì, ma comuni a tutti, incontrandosi e parlandosi perfino tra diversi e rivali, come suggerisce la Rete di Trieste.