La nazione, davanti alla televisione, seguì l’agonia del piccolo Alfredo Rampi. La vicenda del ”pozzo maledetto” cominciò alle 19 del 10 giugno 1981. Un cronista dell’epoca ricorda, in questa breve ma densa nota, l’emozione e lo smarrimento di quei lunghissimi tre giorni.
Ricordo un’alba fredda al termine della tragedia di Vermicino. Noi cronisti distrutti dopo tre giorni trascorsi al caldo e al freddo della notte nell’attesa (vana) di dare una notizia di vita tra i filari dei vigneti sulle coste dei Colli Albani. Noi con il taccuino e la biro contro la diretta tv; uno degli ultimi atti della grande cronaca.
Indugiavo (e non ero il solo) tra ciò che restava della scena della tragedia di Alfredino Rampi; faticavo a staccarmi da quel pozzo attorno al quale avevo trascorso giorni e notti e da lì alla casa dei vignaioli da dove avevo dettato i pezzi e mangiato qualcosa. Un senso di vuoto; per la prima volta, infatti, avvertivo l’inutilità della mia fatica.
Mentre mi allontanavo con in testa le parole scambiate tra Nando e Alfredino, quelle della madre in un dialogo finito nel silenzio della morte, cominciavo a rendermi conto dell’inutilità di quel grande lavoro di emozione, di scrittura, di memoria. Tutti avevano già saputo ogni cosa dalla diretta tv e adesso dormivano ed io mi chiedevo che avrei potuto scrivere ancora. Ma erano le ore morte dell’informazione e, dunque, pure questo pensiero non serviva. Anche le ribattute erano andate in stampa.
La pietà civile si era già consumata e la sentivo a canto come una candela agli ultimi bagliori.
Quella storia raccontata ai dimafonisti in fretta e furia è rimasta sull’anima e da allora non se ne è più andata via. Prima c’era stato il terremoto del Sud in Irpinia, nel Sannio e nella Basilicata; poi l’attentato al Papa: gli ultimi bagliori della grande cronaca. Ed io li avevo vissuti tutti fino alla storia di questo bambino infreddolito e addormentato per sempre nel pozzo dove era caduto. E non potevo staccare il mio pensiero da lui in quell’alba fredda e ormai solitaria nel silenzio delle coste dei colli in quel mattino mai così tristi.
(Dalla pagina facebook dell’autore)