Sordio, una morte senza luce e la pietà di una mamma.

Il Comune di Sordio non sia sordo. Il tema investe tutti quegli indigenti che non possono permettersi di poter sostenere le spese di un lumino per i propri cari.

Il fatto potrebbe essere di scarso rilievo ma a ben vedere può meritare, proprio appunto in virtù delle sue piccole dimensioni, un commento del giorno. Sordio è un Comune con una manciata di abitanti, non si arriva a superarne i quattromila ma la qualità di un paese non va letta in proporzione al numero dei suoi abitanti. Semmai il suo breve nome si intona alla consistenza della popolazione, un nome breve di appena sei lettere, circondato invece da altre realtà confinanti dal nome assai più lungo e imperioso come Casalmaiocco, San Zenone al Lambro, Tavazzano con Villavesco, Vizzolo Predabissi.

Anche Sordio ha il suo piccolo cimitero dove ha trovato sepoltura una giovane donna disabile fin dalla nascita. Questa non è la solita storia di cattiva amministrazione che può porre riparo ad un errore commesso, di un rinsavimento per un inciampo in cui si è maldestramente caduti. Non è neppure il titolo da fare su un giornale perché una disabile, che già in vita non ha potuto dirsi fortunata, anche in morte è stata disabilitata dall’avere il suo lumino acceso a presidio della sua lapide. Qualche cinico potrebbe applaudire alla coerenza mantenuta in vita e in morte circa un destino storto che non deve essere raddrizzato neanche quando si finisce sotto terra.

È accaduto che la poverina è rimasta vittima di una cultura del profitto che poco dovrebbe attenersi ai morti. Si legge che sua mamma, per mano di un muratore di buon cuore, aveva avuto in anticipo l’attacco di una luce sulla lapide della figlia con l’impegno di regolarizzare poi la questione amministrativa in ordine agli oneri da sostenere.

Il numero tre non è soltanto quella dei giorni occorsi per la resurrezione del Figlio di Dio ma anche quelli maturati per poi far tranciare i fili della corrente necessari per quella piccola illuminazione, recidendo i propositi e i gesti di cura per il proprio defunto.

Quando si è in difetto di pagamenti non c’è altro da farsi. Deve essere stato questo il ragionamento della Azienda che gestisce la cura del cimitero. La legge è legge e non si transige. Il punto è che anche i cimiteri evidentemente vanno in vacanza e quindi la riapertura degli sportelli per sanare la questione era prevista verso fine agosto.

Azienda viene dal latino “facienda” che indica le cose da farsi. L’azienda è creata da un Comune per “l’esercizio diretto di una impresa pubblica quando a questo si ritenga di non poter provvedere attraverso un ramo ordinario della pubblica amministrazione”. Può anche definirsi come “una organizzazione che svolge una attività economica di produzione”.

La mamma della disabile, in barba all’efficientismo aziendale, non ha ricevuto purtroppo nessun invito a provvedere lestamente a versare il denaro occorrente per legittimare il diritto al suo lumino. Così ha trovato la tomba almeno provvisoriamente al buio. Rimboccandosi le maniche, essendo persona di iniziativa, ha intanto di sua mano ricollegato i fili per assicurare a sua figlia, anche nei giorni di Ferragosto, la luce desiderata. Alla riapertura degli uffici avrebbe provveduto a corrispondere il denaro dovuto. Può darsi che si prenderà una denuncia o che tutto si metterà invece facilmente a posto, come si spera.

L’illuminazione di un cimitero non può essere rinviata ad una attività economica da cui trarre profitto, regolata da leggi del mercato ed altro ancora. La luce non è soltanto l’ente fisico al quale è dovuta la eccitazione dell’occhio delle sensazioni visive ma anche la visibilità del cuore per poter essere più intensamente a contatto con la persona amata.

Si legge nell’Eneide che per “Tre luci e tre notti Durar gli afflitti amici e dolorosi parenti a ricercar le tiepid’ ossa”. Ora la mamma in questione non voleva si interrompesse il filo di luce con sua figlia vagando chissà come per ripristinare quell’energia indispensabile per non aggiungere al pianto altro pianto.

Il Comune di Sordio non sia sordo ad un fatto che riguarda tutti i Comuni d’Italia. Il tema investe tutti quegli indigenti che non possono permettersi di poter sostenere le spese di un lumino per i propri cari. Se pure fosse un costo puramente simbolico, si dovrebbe invece pensare ad una assoluta gratuità perché per i morti non si può ragionare in termini di moneta. E’ una questione di civiltà e non altro. Una volta e per sempre per i morti si faccia luce non pretendendo alcun dazio. Che siano lasciati in pace lontani dalle penombre dei vivi.