La speranza nonostante il nulla
Proprio Marco Pannella, non credente (o diversamente credente), cultore, tra l’altro, di Romolo Murri, ancora in tempi di vacche grasse, (ri)proponeva una frase profondamente religiosa: Spes contra spem. La speranza contro la speranza; la speranza quando sembrerebbe che non ci sia motivo di sperare. La speranza nonostante tutto, o nonostante il nulla.
Tante sono le sfumature e le possibili letture di tale espressione; tutte, però, volte a sottolineare come vi sia una speranza più tenace della (apparente) realtà, dei fatti, che spingerebbero a mollare.
Si tratta di uno dei messaggi di fondo che percorrono l’Antico e il Nuovo Testamento, la Bibbia ebraica e quella dei cristiani. È la “speranza fallita” del profeta Geremia, è la speranza di Gesù crocifisso. È la speranza degli sconfitti, degli ultimi, dei “minimi”.
Il miglior augurio, oggi
Non, beninteso, una forma larvata di rassegnazione o, magari, di ostinazione; piuttosto un impegno concreto e quotidiano per migliorarsi e migliorare il mondo, i nostri mondi personali e il mondo da tutte/tutti condiviso.
È, forse, il miglior augurio, se non l’unico, che si possa rivolgere a chi patisce sofferenza e guerra, ai ragazzi della Cisgiordania e di Gaza e di tutte “le altre Gaza” sparse sul globo. È l’augurio da porgere alle vittime, ai carcerati, a chi subisce le più diverse forme di schiavitù.
È l’augurio di Natale più vero per le donne e gli uomini del nostro tempo, per ciascuno/a di noi. I vagiti di quel bimbo nato nella mangiatoia paiono proprio esortarci in tal senso: Spes contra spem.

