Street poetry: il “Mal di mare” di Er Pinto.

Sono frammenti d’esistenza

Nell’attuale periodo storico caratterizzato da autentici bombardamenti di messaggi anche subliminali – talvolta manipolati o contaminati da motivazioni speciose – che sembrano voler distogliere l’attenzione dell’uomo dalla ricerca interiore, dalla osservazione dei problemi della società nonché dallo sviluppo filosofico dell’anima e dello spirito, la Poesia diventa oggetto di attenzione collettiva, autentico spettacolo di per sé. Essa scende in piazza e si fa sentire, al punto che, lo scorso 20 gennaio una poetessa di 22 anni, Amanda Gorman, è stata ospite di rilievo alla cerimonia del giuramento a Washington di Joe Biden, neo Presidente degli Stati Uniti.

Finalmente, la Poesia rinasce e si diffonde tra la gente, nelle strade. Esiste, infatti, la “Street poetry”, un fenomeno che negli ultimi anni si è diffuso a livello mondiale. Tra i gruppi di particolare spicco si fa notare il messicano “Acción Poética” (nato a Monterrey nel 1996, su spinta di Armando Alanis Pulido), un movimento che ha proiettato questa tendenza anche oltre i confini nazionali, in America del Sud e, successivamente, in Europa. Notevole l’israeliana Nitzan Mintz con versi scritti in ebraico o in inglese su muri bianchi a caratteri neri (simili a quelli diffusi dal menzionato gruppo messicano) e autrice, talvolta, di fantasiose installazioni.

In varie parti del mondo assistiamo alle “performance” (“poetry bombing”) del collettivo cileno Casagrande, che da un elicottero o da un aereo usa lanciare migliaia di fogli con poesie proprie o di altri autori locali.
Molto seguito è lo scozzese Robert Montgomery, fondatore della “Guerrilla poetry”, la poesia che agisce e fa riflettere sulla politica, la società consumistica ed i mass-media. L’artista inventa parole infuocate (scritte su supporti che vengono incendiati creando i “Fire Poems”) oppure imprime le sue odi su spazi pubblicitari o led luminosi. In Gran Bretagna, oltre al già noto Montgomery merita attenzione il poeta David Marley. I suoi versi sono solitamente incisi su legno o su tele ubicate su cavalletti di legno. Una sorta di nuova arte ecologica (io amo definirla “new arte povera”, ricordando il grande critico ed amico, da poco scomparso, Germano Celant) in cui si crea sinergia simbolica tra i versi (provenienti dal nostro essere profondo) e la natura che, come quella di stampo romantico, si proietta verso un infinito energetico nel quale l’uomo trova una dimensione totalizzante e la risposta ai misteri della vita.

Tra gli autori contemporanei di questo genere troviamo la francese Nathalie Man, che relaziona la comunicazione con la poesia, stampando i suoi versi su poster di grande formato ed “inondando” le città di pensieri ed emozioni, considerazioni e sensazioni.
In Italia non può sfuggire alla nostra attenzione Brugnaro, venuto alla ribalta nel 1990 con una poesia diffusa nella sua “zona” (Mestre e Venezia) dopo essere stato autore di “azioni poetiche” fin dagli anni ’60 e ’70 insieme al collega d’avventura Carlo Torighelli, che diffondeva la sua vena poetica imprimendo versi sui marciapiedi. Negli anni ’90, sempre nel panorama nazionale, si faceva notare anche “Opiemme”, autore di poesie appese a fili di lana per poi creare dei “Vortex”, parole sparse in un ipotetico universo colmo di forza energetica. A Firenze, il Movimento per l’emancipazione della poesia (MeP), a Udine i “Poeti Della Sera”, a Milano Francesca Pels. Ed ancora: Gio Evan, Ste-Marta, Davide Casavola, Alfonso Pierro. A Milano, tra gli altri, Ivan Tresoldi ed i suoi “manifesti d’assalto”. Tra le sue iniziative, ricordo la performance praghese del 2007“Storm of poetry”, in occasione del Festival di arte contemporanea “Tina B”, consistente in mille barchette di carta con poesie, tradotte in lingua locale, liberate sul fiume Moldova.

A Roma spiccano i “Poeti der Trullo” (il nome deriva dall’omonimo quartiere in cui molti di loro risiedono ed operano). Costoro scrivono a mano su fogli o su muri con pennarelli indelebili. Il gruppo nasce intorno al 2010 ad opera di Er Bestia, Er Quercia, Er Pinto, Inumi Laconico, ‘A Gatta Morta, Marta der III lotto, Er Farco. Si sono sempre definiti “metroromantici” ed usano una metrica popolare, spesso con accenti ottocenteschi.

Una sorta di “nuovo romantico è Er Pinto che (uscito dal predetto gruppo nel 2016) si concentra nella ricerca della “street poetry” proposta in spazi urbani o on line sotto un anonimato, da lui motivato come: “una scelta di libertà grazie alla quale mi svincolo dall’immagine e dal nome reale”. Ed è così che egli riesce ad esprimere sé stesso per parlare dei problemi della sua generazione e della società, diffondere speranze, divulgare sentimenti, spargere ideologie ed inquietudini. È uso condividere spazi con esponenti della “street art” prettamente visiva e con essi da anni si confronta con progetti nazionali ed internazionali. Tra quest’ultimi ricordo l’evento “Sulle ali della libertà” svoltosi a Praga due anni fa in occasione dell’anniversario della morte di Jan Palach. Alcuni autori cechi assieme a quattro italiani (Diamond, Solo, Yest ed Er Pinto) ricoprirono le mura di una scalinata situata nell’antico quartiere cittadino con inni alla libertà. Per l’occasione Er Pinto scriveva “La libertà è la poesia più bella / la stella più lontana / il tuo miglior sorriso”. E successivamente: “In nome del disprezzo / Per i poteri forti / Per chi ha pagato il prezzo / Per i numerosi morti / Perché ci sia un pensiero / Inciso sulla pelle / Del figlio più ubbidiente / Di quello più ribelle / Un pensiero per chi è libero / E sempre lo sarà / Ti odio prigionia / Ti amo libertà”.

Da poche settimane questo originale autore ha pubblicato un libro di poesie con illustrazioni realizzate da un altro esponente dell’arte street: Yest (con il quale ha formato il duo “Point Eyes”). La raccolta s’intitola “Mal di mare” e fa seguito al volume il “Peso delle cose” del 2017, nel quale egli aveva iniziato un percorso di ricerca di una simbiosi con il cielo, luogo in cui ricercare ispirazione, ma anche captare segnali per affrontare meglio la vita nelle sfumature più intime. In tal modo, egli intende andare oltre i social, superando schermi di apparente serenità e sorrisi di quelle fugaci e, molte volte, false espressioni di personalità sedotte da modi di essere e di apparire.

Sono versi che narrano la vita, in cui il mare assume una valenza onirica: un ritmo scandito da tempo e spazio in cui poter immaginare ed annotare sensazioni. Amori, pescatori, sirene, notti stellate…. Sono elementi di quelle “onde” emotive che ognuno possiede, nella profondità del cuore e della mente. Unicità e collettività alla ricerca di un senso dell’esistenza e del divenire. Ed ecco che Er Pinto percorre le strade “Le strade de Roma / so vene de’n corpo / ce vivono a mente / e l’anima mia / i muri la pelle / segnata dar tempo / tatuata dai versi / de ogni poesia” e ne osserva la precarietà: “…Accarezzando gatti credendoli pantere / dando la colpa al fato, al cielo ed allo Stato…”. E quanta fragilità di giovani apparentemente forti “…E forse sono l’unico / A vivere un pensiero / Come se fosse panico / Come se fosse vero ….”.

Un momento di particolare riflessione è ispirato dalla notte, nella quale Er Pinto sembra cullarsi in una persistente vena malinconica. Di forte valenza sensoriale “… Cancelliamo il bello / per crederci di nuovo / ma in fondo il bello / sta nel non sapere cos’è un uomo / per ritrovarlo vivo in un abbraccio / di chi non vogliamo e ci vuole / e ci lucida la pelle con uno straccio / senza lasciare nemmeno uno spazio …”. Sono frammenti d’esistenza, trasparenze di un’acqua che rimescola sentimenti “C’ho rime nella testa / Ner core ‘na tempesta”. Ed ecco il mal di mare citato nel titolo, quella sensazione in cui “…Mi prende dalle spalle e stringe al collo / La scaccio e scrivo per esorcizzare / La depressione è debole al midollo / Non riconosco cosa è giusto fare…”. Il malessere di stampo romantico non trova sostegno neppure nella natura ma, come sempre nella sua vena poetica, l’ideale e l’amore per la vita prevalgono sull’annientamento, la forza creatrice della Poesia supera la visione nichilistica. Il vissuto diviene preponderante ed il buio non è mai totale.

Costante il richiamo alla poesia dialettale romanesca. Tra tutti il mitico Trilussa. Una sorta di tradizione del passato che l’autore rielabora in toni contemporanei. E la situazione di giovani coetanei dell’autore si coglie nell’intera raccolta, in cui illusioni e certezze si alternano in balia delle paure, che molti ragazzi fagocitano in sensi di benessere esteriori, nascondendo la paura … di avere paura. La Poesia permette di “aprire il cuore” e mettere a nudo la propria interiorità. È questo che costantemente fa Er Pinto con trasparenza, con la forza che le rime offrono come arma per lottare, anche se spesso invano, contro le ingiustizie senza il timore “… di cadere dalla scala sociale e di continuare a salire una scala mobile al contrario”.