STURZO, POPOLARISMO, POPOLO E POPULISMO. MEMORIA E ATTUALITÀ DI UNA DOTTRINA POLITICA E DI UN PARTITO.

In questa ricostruzione di Giorgi, ricercatore dell’Istituto Sturzo, sono messe a disposizione le “chiavi per leggere il popolarismo e il Partito popolare […] Il tutto all’interno di un altro grande aspetto che ci aiuta a comprendere il popolarismo come fenomeno politico e sociale. E cioè la partecipazione autonoma, programmatica, valoriale e aconfessionale dei cattolici nel determinare la politica del paese”.
Il testo rappresenta la sistemazione di una relazione svolta presso l’Università di Foggia, il 10 dicembre 2019, durante un seminario tenuto dal prof. Daniele Stasi. Di essa si propone qui la prima parte, senza apparato critico, rinviando alla lettura della versione integrale mediante il link inserito a fondo pagina.

«Esiste pertanto una dottrina politica che si chiama “popolarismo” e dalla quale il partito, come concretizzazione organizzativa, trae la sua ragion d’essere, la sua aspirazione e la sua finalità? La domanda non può non tendere a dimostrare che prima sorge la teoria e poi il partito, perché nel fatto vi è un flusso reciproco fra pensiero e azione, nel divenire sociale così pieno di dinamismo». Così scriveva Sturzo.

Un’affermazione in cui troviamo un po’ il senso storico-sociale del popolarismo e del partito: la concretezza del fatto, la dinamicità sociale, il nesso, importante, fra pensiero e azione.

D’altra parte il popolarismo come dottrina è frutto di un flusso reciproco, attivo, fra storia e riflessione politica, tra fatto e azione. Il popolarismo è, senza dubbio, la risultante del suo tempo: l’Italia in piena crisi post bellica. Ma ha, al proprio interno, quella forza dinamica di libertà e democrazia, che lo rende spendibile anche per il futuro. Questo in definitiva sembra comunicare lo stesso Sturzo.

Ha scritto Francesco Malgeri che il Partito: «non fu […] soltanto l’esito di uno sforzo organizzativo attento all’irrompere delle masse nella vita pubblica, ma anche il risultato di una profonda analisi della realtà politico, sociale e istituzionale dell’Italia di quegli anni. Con Sturzo il popolarismo diventava uno strumento di lettura della società, uno strumento di ricomposizione del tessuto sociale disarticolato, da riordinare organicamente. Sturzo fu il realizzatore di un disegno che rispondeva ad una precisa ispirazione sociologica e politica. Il popolarismo diventava non solo l’esito di un patrimonio di lotte e di idee che avevano accompagnato i cattolici dei decenni precedenti, ma anche una presa di coscienza dei grandi problemi dello Stato e della società civile. Offrendo a questo partito una consapevolezza laica, abbandonando gli ibridismi politico-religiosi e le compromissioni clerico-moderate, Sturzo volle creare uno strumento in grado di recuperare e reinserire nell’alveo dello Stato unitario un’ampia area sociale, rurale e piccolo borghese, emarginata e disillusa, con i suoi problemi e con le sue attese, le sue aspirazioni sociali e autonomistiche».

Riflessione che, prendendo le mosse da quella sturziana, ci dà la cifra di quello che fu storicamente il popolarismo, e della prospettiva politico-filosofico-sociale che ebbe come dottrina politica.

Ecco dunque due chiavi per leggere il popolarismo e il Partito popolare: una storica, legata alle vicende tumultuose e difficili della fine della prima guerra mondiale; del clima che c’era nel paese; delle difficoltà sociali ed economiche. E l’altra filosofico-sociale e politica che, connessa alla prima, investiva secondo canoni di libertà, democrazia, partecipazione, la riforma dello Stato attraverso la modifica delle sue strutture amministrative (l’autonomismo). E del suo impianto istituzionale, attraverso l’ampliamento della partecipazione democratica e l’inserzione delle masse, coinvolte con grande sacrificio durante la prima guerra mondiale, nei processi decisionali dello Stato.

Il tutto all’interno di un altro grande aspetto che ci aiuta a comprendere il popolarismo come fenomeno politico e sociale. E cioè la partecipazione autonoma, programmatica, valoriale e aconfessionale dei cattolici nel determinare la politica del paese.

Un partito non dei cattolici. Che non mirasse, in definitiva, a comprendere tutto il mondo cattolico e a coinvolgere la Chiesa come struttura, ma che fosse di ispirazione cristiana. D’altra parte Sturzo nel famoso “Appello ai liberi e forti” del 18 gennaio 1919, ebbe la capacità, frutto delle sue esperienze passate, come amministratore, come uomo impegnato nelle rivendicazioni sociali della Sicilia della fine dell’ottocento inizio novecento, di promulgare un appello e un programma che non parlassero soltanto a chi proveniva dalla classica formazione cattolica.

Per leggere il testo integrale della relazione