Giuliano Capecelatro
«Occhi, occhi e ancora occhi». Questione di occhi. Di sguardo. Di visione; cioè di occhi della mente. E allora Napoli può squadernare davanti a chi la osserva il famigerato paradiso abitato da diavoli come può configurarsi ammaliante sirena folle d’amore. Può far storcere il naso alla sensibilità erotizzata del lombardo Alberto Arbasino o conquistare il veneto Guido Piovene, che nel Viaggio in Italia la esalta per il tramite della sua cucina: «semplice e mitologica»; e chiosa con acume: «L’archeologia a Napoli ha segreti con la mensa». Può offrire l’amorfo presepe congelato intorno ad alcune figure stereotipate – la pappetta precotta da ammannire al turismo di massa – o sgomentare chi ne percepisca il crudo, inestricabile sodalizio con la morte.
Nelle mille Napoli del quotidiano e dell’immaginario si inoltra, e ci porta per mano, con passo agile e sicuro Antonella Cilento, scrittrice napoletana, fervida organizzatrice di eventi culturali, animatrice dei laboratori di scrittura creativa Lalineascritta. L’ultimo lavoro, Il sole non bagna Napoli (Bottega Errante Edizioni, pagg. 184, euro 17), è un prezioso baedeker per chi intenda sfrondare la rappresentazione della metropoli da mille perniciose incrostazioni.
Riecheggia esplicitamente il mare di Anna Maria Ortese, il titolo. Non a caso. Perché Il sole è un libro contro. Non contro la città, tutt’altro; ma contro quell’occhio neghittoso che accetta immagini prefabbricate, prive di vita. Un testo che non ha toni e linguaggio massimalista da pamphlet, ma poggia, oltre che su una conoscenza quasi simbiotica della città, su una sapienza letteraria e una scrittura raffinata, incisiva, puntuale, che rende gradevole ogni pagina. Perché quasi ogni pagina è una scoperta, anche per chi si nutre di Napoli da sempre.
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