Il condottiero inatteso
Molti ne avevano vaticinato il fallimento e l’uscita di scena in tempi stretti, gravato dall’eredità troppo pesante per le sue spalle del padre fondatore di Forza Italia, nonché suo mentore insostituibile.
Invece, a due anni dalla scomparsa di Berlusconi, dopo passaggi elettorali non facili da padroneggiare e condizioni di precarietà nella gestione di Forza Italia – anzitutto per il sospetto di essere poco gradito ai figli del defunto leader di Arcore – Antonio Tajani resiste ed insiste nel ruolo di condottiero della residua compagine azzurra.
Il garante dell’equilibrio di governo
Sarebbe sbagliato, a questo punto, non cercare di capirne i motivi, quasi che la sua resistenza fosse legata a circostanze puramente fortuite.
Intanto, si è guadagnato il titolo di “moderatore” nel complicato mondo del centrodestra, ricavandosi uno spazio prezioso tra la volitiva leadership della Meloni e l’irruenza indomabile di Salvini. Con il suo tono pacato appare agli occhi della pubblica opinione come il garante di un equilibrio di governo altrimenti impossibile, vista la divaricazione su temi di assoluto rilievo.
L’europeismo come collante
Toni che fungono da copertura a una forma d’intransigenza laddove entrano in gioco questioni di principio e d’indirizzo strategico, quali ad esempio la collocazione o gli impegni dell’Italia in politica estera.
Il suo europeismo, suffragato dalla consolidata esperienza ai vertici del PPE, fa da collante in una coalizione attraversata – e manco tanto sotterraneamente – da pulsioni anti-Bruxelles. Anche volendo, della sua funzione equilibratrice la Meloni non può prescindere, pena l’immediato contraccolpo nelle relazioni con gli ambienti che contano in sede europea.
I problemi di una coalizione contraddittoria
Ebbene, questa rimarchevole funzione politica “al centro” del blocco nazional-sovranista rischia di patire, in prospettiva anche breve, un processo di erosione morale e politica.
È evidente, infatti, che in vista delle elezioni del 2027 l’equivoco di una coalizione intimamente contraddittoria – con il partner di maggioranza (FdI) indeciso sulla scelta di campo, non essendo ancora chiaro il suo pieno ancoraggio alla visione europeista – non potrà reggere se non a patto di una conversione integrale al modello della “internazionale trumpiana”.
La prova decisiva
Ma si può immaginare che Forza Italia, e per essa Tajani, retroceda dal suo posizionamento nel contesto politico e istituzionale del Vecchio Continente, facendosi risucchiare dall’onda trumpiana?
Ecco allora che la sfida diventa ancora più netta e senza sbocchi nel mare magnum dell’ambivalenza. Spetta a Tajani organizzare un ipotetico nuovo quadro, anche perché la stessa famiglia Berlusconi potrebbe sentirsi obbligata a coniugare gli interessi aziendali in modo da non confliggere con un’Europa sempre più orientata a difendersi dall’estremismo dei partiti nazionalistici e xenofobi, facenti sponda ora con Trump e ora con Putin.
L’ora delle decisioni
Il compito di Tajani si presenta dunque impegnativo. Non sarà agevole dispiegare un sapiente moderatismo sul palcoscenico della perdurante ossessione sovranista, più o meno esplicita.
Il tempo non è molto, le decisioni urgono.


