Giuseppe Davicino
Sugli aiuti a Turchia e Siria dal ministro della Difesa Guido Crosetto viene una importante presa di posizione in nome degli universali valori di civiltà. “L’umanità di fronte alle tragedie […] deve scavalcare tutto. Anche le sanzioni”, ha scritto ieri Crosetto su Twitter in relazione al sisma che ha colpito i due Paesi mediterranei. Duole constatare che una posizione così chiara non sia condivisa da buona parte dell’opinione pubblica che conta, intenta a imbarazzanti esercizi di doppiopesismo. Si assiste da parte di politici influenti e da parte di alcune redazioni nelle quali si fa sentire talvolta la mano pesante dei neocons, ad un’opera di falsificazione di quella che è la situazione in Siria e delle tragiche vicende degli ultimi dodici anni.
Un Paese martire dalla storia millenaria che in questi anni ha rischiato di esser cancellato dalle orde dei cosiddetti terroristi “islamici” dell’Isis. Paese nel quale il pur dispotico potere della famiglia Assad aveva garantito una pacifica convivenza alle diverse confessioni religiose, musulmane, cristiane e alawita presenti nel Paese, prima che il vento delle “primavere arabe”, l’ennesimo progetto fallito di ridisegno degli equilibri nel Medio Oriente, lo gettasse nell’inferno della guerra civile e della guerra per procura, che, come in un altro Paese martoriato, l’Ucraina ha visto confrontarsi, a parti inverse, l’Ovest come invasore e l’Est (la Russia ma anche una poco visibile presenza cinese) a difesa della nazione invasa, in un primo tempo fomentando la ribellione, successivamente arruolando molti fra gli stessi rivoltosi nell’inquietante progetto di un Califfato “islamico” tra Iraq e Siria, che ha beneficiato di un incredibile quanto massiccio sostegno occidentale e che solo l’interessato intervento militare del Cremlino in Siria ha fatto tramontare.
Dodici anni di guerra hanno allontanato le parti: l’Occidente ha imposto sanzioni alla Siria che riguardano anche i medicinali di prima necessità e le attrezzature civili. Il regime di Damasco che ha resistito all’invasione camuffata da intervento umanitario, come avvenne in Libia, grazie al diretto sostegno militare della Russia, ma non ha più il controllo d alcune aree ai confini con la Turchia, proprio quelle maggiormente colpite dal terremoto, non si fida di nuove presenze straniere nel suo territorio senza un suo accurato controllo. La gravità del disastro provocato dal sisma impone ora di mettere da parte questa sanguinosa storia per prestare un immediato soccorso a chi è ancora sotto le macerie, ai feriti ai milioni di persone che hanno perso tutto in quei terribili sessanta secondi o nelle scosse successive. Il fatto che il ministro della difesa di un Paese strategico per l’Alleanza Atlantica quale è l’Italia abbia rivolto un appello così colmo di saggezza e di umanità rivela, oltre la caratura politica del suo autore, il prevalere di una linea più distensiva negli ambienti che contano del potere occidentale.
Se il governo si dimostrerà più in sintonia con queste sollecitazioni anziché dare retta ai tamburi di guerra e vendetta provenienti dalle paludi di certa stampa (e per carità di patria non parliamo di certa opposizione) potrà verosimilmente dare un contributo all’intero sistema di alleanze occidentali a recuperare una credibilità che trent’anni di errori e di guerre in Medio Oriente hanno fortemente scalfito. Se è vero che tocca agli Stati Uniti per primi dare dei credibili segnali di accettazione di un ordine mondiale multipolare, per disinnescare i conflitti tanto nell’area MENA che nell’Europa dell’Est, riconciliandosi così con la propria storia di nazione che nasce per affermare il diritto alla libertà delle nazioni, l’Italia può svolgere, come in parte sta già facendo, oltre al suo tradizionale ruolo di ponte fra culture e popoli, nel Mediterraneo, verso l’Africa, verso l’Asia, un ruolo da apripista nelle relazioni tra l’Occidente a indiscussa guida americana e i Paesi Brics e il numero sempre più ampio di loro alleati strategici. Anche da una una così grande tragedia come quella del terremoto in Turchia e Siria possono derivare dei semi di speranza per una nuova era delle relazioni internazionali basata su una cooperazione/competizione in una logica win-win, di reciproco vantaggio anziché sull’uso della forza e su un continuo, insensato, spargimento di sangue.