Il decimo anniversario della promulgazione della Legge per la Pace e la Sicurezza (Legge sulla Sicurezza) segna un momento cruciale nella storia della politica estera e di difesa del Giappone del dopoguerra. Questa legge, che ha parzialmente autorizzato l’esercizio del diritto all’autodifesa collettiva, ha innescato, alla sua emanazione, un acceso dibattito politico e manifestazioni pubbliche senza precedenti. I principali punti di contesa ruotavano attorno a tre questioni fondamentali: sicurezza, costituzionalità e democrazia.
Il dibattito sulla sicurezza: la Cina e il cambio di rotta
Inizialmente, la politica di difesa del Giappone si basava sull’autodifesa individuale, consentita dall’Articolo 9 della Costituzione. Questo significava che il Giappone poteva usare la forza solo se attaccato direttamente. Tuttavia, i governi successivi avevano sempre respinto l’autodifesa collettiva, che avrebbe permesso al Paese di intervenire in difesa di un alleato attaccato, anche se il Giappone non fosse stato direttamente coinvolto.
L’amministrazione dell’allora Primo Ministro Shinzo Abe, preoccupata per l’ascesa della Cina come potenza militare e per la necessità di rafforzare la cooperazione militare con gli Stati Uniti, ha cambiato questa interpretazione nel 2014 attraverso una decisione del Consiglio dei Ministri. Questa mossa ha aperto la strada all’approvazione della Legge sulla Sicurezza nel settembre 2015, nonostante la feroce opposizione.
La nuova legge ha stabilito le condizioni per l’uso della forza contro un paese straniero:
- Una “situazione di minaccia esistenziale”: un attacco a un alleato stretto che minaccia la sopravvivenza del Giappone e la vita dei suoi cittadini.
- L’assenza di altri mezzi appropriati per far fronte alla situazione.
- L’uso minimo e necessario della forza.
La legge ha inoltre esteso le operazioni delle Forze di Autodifesa del Giappone (FAD) oltre i confini nazionali, permettendo loro di fornire supporto logistico alle forze armate straniere e di proteggere navi militari alleate in mare, specialmente quelle statunitensi. La Legge sulle Operazioni di Mantenimento della Pace (PKO) è stata modificata per consentire alle FAD la “protezione a risposta rapida” di personale e civili alleati in pericolo.
Il dibattito costituzionale e democratico
Il dibattito sulla costituzionalità è stato uno dei più accesi. I critici hanno sostenuto che l’interpretazione del governo Abe fosse un tradimento del costituzionalismo, il principio secondo cui la Costituzione deve limitare il potere dello Stato. La decisione di cambiare l’interpretazione del 1972 ha sollevato dubbi sulla trasparenza e sulla legittimità della mossa, specialmente perché il governo non ha fornito criteri chiari per definire una “situazione di minaccia esistenziale,” lasciando spazio a decisioni arbitrarie.
Dal punto di vista democratico, la legge è stata approvata grazie alla sola forza dei numeri della coalizione di governo, ignorando le obiezioni dei partiti di opposizione e le massicce proteste popolari. A seguito di questa legge, il Giappone ha anche acquisito la capacità di contrattacco contro le basi nemiche, di fatto svuotando la sua storica politica di difesa esclusivamente difensiva. Parallelamente, la spesa per la difesa è aumentata vertiginosamente, mentre gli sforzi diplomatici sembrano essere passati in secondo piano.
Dieci anni dopo
Dieci anni dopo la sua promulgazione, la Legge sulla Sicurezza ha cambiato radicalmente il ruolo delle Forze di Autodifesa, espandendone le attività sia in termini di contenuto che di area geografica. Mentre il Giappone si muove sempre più verso una posizione militare più assertiva, l’interrogativo rimane: questo cambiamento ha reso il Paese più pacifico e sicuro? La risposta non è semplice.
Nonostante le feroci proteste al momento dell’approvazione, il dibattito pubblico sulla Legge sulla Sicurezza si è evoluto. Le crescenti tensioni geopolitiche e l’inasprimento delle minacce hanno portato a un aumento del sostegno popolare per un rafforzamento delle capacità di difesa. Questo cambiamento nel sentiment pubblico ha permesso ai governi successivi di portare avanti riforme che un decennio fa sarebbero state considerate impensabili. Nonostante questo slittamento, la società giapponese non ha abbandonato del tutto il suo spirito pacifista, e permangono delle sfide. Ad esempio, il reclutamento nelle Forze di Autodifesa rimane difficile, in parte a causa della forte concorrenza del settore privato e della percezione che la carriera militare sia ancora socialmente meno prestigiosa.