Tornare coerentemente sulle orme di Sturzo

Non basta dire che oggi il suo Appello è ancora attuale, va attualizzato.

Pubblichiamo l’articolo apparso sulla rivista “Servire l’Italia” che s’inserisce, criticamente, nel dibattito aperto dall’articolo sulla  “svolta sturziana“. Seguirà a breve la risposta di Lucio D‘Ubaldo

È un fatto positivo che l’avvicinarsi del centenario (1919-2019) del doppio evento sturziano (fondazione del PPI e Appello ai liberi e forti) stia riportando una meritata attenzione sul pensiero del grande sacerdote e statista di Caltagirone. Ma l’attenzione deve essere corretta nel rispetto del suo effettivo pensiero.

Il Direttore de “Il Domani d’Italia”, nello scrivere un equilibrato e in definitiva favorevole commento alla svolta sturziana di Marco Taradash (svolta che tuttavia non è una sorpresa, perché già compiuta da tempo), fa due riferimenti non corretti. Nel primo, non solo storpia il cognome di Gobetti con Giretti, ma sembra fare del giovane Gobetti il leader di una scuola radical-democratica alla quale avrebbe aderito anche Sturzo, nato ben 30 anni prima di Gobetti.

Ovviamente Sturzo non fu mai un radicale, nel senso politico del termine, pur se Pannella fu poi un suo incoerente ammiratore.

Nel secondo riferimento, Lucio Alessio D’Ubaldo sembra fare di Moro uno sturziano e di Sturzo un anti-liberista. In effetti nella citata commemorazione fatta da Moro in Parlamento nel settembre del 1959, Sturzo venne lodato dall’allora Segretario Politico della DC per la sua vita di combattente in difesa della moralità in politica ed economia, e in favore degli ideali di giustizia e libertà, opponendosi dapprima al liberalismo giolittiano e al fascismo, poi al comunismo e al socialismo.

Tuttavia in quel discorso Moro non citò il fatto che Sturzo era solito definirsi un “liberista impenitente”, specificando che il suo liberismo non era quello irresponsabile del “lasciar fare , lasciar passare” del giolittismo, ne’ quello miope della Confindustria degli anni ‘50 (ma anche dei decenni successivi), che si opponeva alla stretta alleanza tra capitale e lavoro, stretta alleanza invece sempre sostenuta dalla dottrina sociale della Chiesa e realizzata da grandi imprenditori come Adriano Olivetti e Michele Ferrero.

Poi Moro abbandonò le sue convinzioni anti-comuniste (espresse in diversi discorsi fatti negli anni ‘50), ebbe fede nelle capacità dello Stato imprenditore e banchiere, e decise di aprire a sinistra, apertura sempre osteggiata da Sturzo per motivi innanzitutto morali. Questi era giustamente convinto che quanto più la politica mette le mani nell’economia, tanto più politica ed economia corrompono e si corrompono.

Quindi ben venga la “resurrezione” del pensiero sturziano dopo la “sepoltura” decisa coerentemente dalla DC con la politica di centro- sinistra, che andava in direzione contraria a quella auspicata da Sturzo. Ma è una “resurrezione” che esige vera coerenza nella difesa dei valori morali, liberali e sociali (non socialisti) in cui credeva Sturzo. Non basta dire che oggi il suo Appello è ancora attuale, va attualizzato. Senza dimenticare che una delle prime decisioni di Mussolini fu quella di rimettere il crocifisso (dopo oltre 50 anni) in tutte le aule scolastiche per far capire a Pio XI che non aveva bisogno del PPI per difendere i valori cristiani. Poi sappiamo come è andata, a dimostrazione del fatto che quei valori più che appesi al muro devono essere impressi coerentemente nei cuori.