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giovedì, Febbraio 13, 2025
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Tra estremismi e retorica: il rischio di una democrazia senza dialogo.

Il dibattito politico rischia una deriva pericolosa: la crescente radicalizzazione minaccia il dialogo democratico, mentre l’assenza di un vero centro moderato lascia spazio agli estremismi e alla delegittimazione reciproca.

Il voto americano ha innescato un dibattito politico, culturale e programmatico che, come ovvio, non può ridursi a slogan ad uso e consumo dei propri fan. Detto con altre parole e con un singolare linguaggio propagandistico contemporaneo, non si può confondere questo risultato con il rischio di un continuo ed impellente ritorno del fascismo a livello continentale. Come, del resto, non si può citare disinvoltamente il famigerato “olio di ricino” come se parlassimo del derby tra il Torino e la Juventus. È, questa, una banale e quasi scontata riflessione che ci porta ad una altrettanto semplice considerazione. E cioè, se ogniqualvolta si affronta un tema politico il tutto viene interpretato all’insegna di una brutale e quasi violenta radicalizzazione è lo stesso confronto politico che cessa di esistere a vantaggio di categorie che sono e restano sostanzialmente estranee alla normale dialettica democratica e costituzionale.

Ora, al di là delle legittime posizioni dei rispettivi partiti, è abbastanza evidente che se il confronto politico è viziato da queste ridicole e anche grottesche considerazioni è l’intera politica italiana che rischia di prendere una deriva irrecuperabile con esiti alquanto imprevedibili. A cominciare dall’irrompere degli “opposti estremismi” che abbiamo conosciuto e sperimentato con tristezza dalla fine degli anni ‘60 alla fine degli anni ‘70. Una stagione che può ritornare, seppur con modalità politiche ed organizzative diverse, e che inesorabilmente può riportare indietro le lancette della nostra storia democratica. E, su questo versante, il comportamento politico della sinistra italiana, seppur nelle sue multiformi espressioni, non può non essere chiaro e netto. Certo, se le parole d’ordine, e soprattutto dopo l’esito del voto americano, continueranno ad essere nel nostro paese di “svolta illiberale”, di “deriva autoritaria”, di “soppressione della libertà di espressione”, di “regime alle porte”, di “rivolta sociale”, di “democrazia sospesa”, di “sfregio alla Costituzione”, di “messa in discussione della libertà” e di “rischio fascismo” può realmente capitare di tutto. A cominciare da una violenza di piazza di difficile controllo.

Ora, se è compito della maggioranza di governo, ovvero la coalizione di centro destra, lavorare per non radicalizzare ulteriormente il confronto politico con la sinistra e l’intero paese, è altrettanto vero che l’alleanza delle sinistre non può evocare a giorni alterni l’imminente minaccia del ritorno del fascismo, della dittatura e amenità varie. Certo, per centrare questo obiettivo sarebbe semplicemente necessario avere un partito di centro che coltiva e pratica una vera e credibile politica di centro. Partito che a tutt’oggi, purtroppo, ancora non esiste se non nello sforzo costante di Forza Italia di radicare la ricetta centrista nelle dinamiche politiche concrete del nostro paese.

Comunque sia, non ci sarà una vera democrazia dell’alternanza o una “democrazia adulta”, come la chiamava Pietro Scoppola, sin quando non ci sarà un reciproco riconoscimento tra i due schieramenti politici. Se, al contrario, continua a prevalere la delegittimazione morale e politica dell’avversario che nel frattempo è diventato un nemico implacabile, prepariamoci – purtroppo – al peggio. Anche e sopratutto nel nostro paese.