Fitch ha alzato il rating sovrano dell’Italia da BBB a BBB+, con outlook stabile. Un riconoscimento che il governo ha accolto come un successo politico.
Deficit, riduzione migliore delle aspettative
L’agenzia sottolinea la riduzione del deficit al 3,4% del Pil nel 2024, meglio del previsto, e la stabilità politica come elementi che rafforzano la resilienza del Paese. Il rispetto delle nuove regole europee di bilancio ha contato molto: investitori e mercati vedono in Roma un interlocutore disciplinato e prevedibile.Dietro l’applauso c’è quindi la capacità di Giorgetti di mantenere i conti in ordine e di Meloni di garantire una maggioranza solida. È un segnale utile per il costo del debito, che resta fra i più alti d’Europa, ma non scioglie i nodi di fondo.
L’ammonimento del FMI
Molto diverso il tono del Fondo monetario internazionale. «L’Italia ha bisogno di maggiore produttività e più persone che lavorino – osserva Lone Christiansen, capo missione per l’Italia –. Sebbene l’economia abbia dimostrato una relativa resilienza, il Paese deve compensare il calo del numero di persone in età lavorativa e la carenza di professionisti altamente qualificati».La diagnosi è netta: «Malgrado l’incertezza globale, l’economia italiana ha registrato risultati migliori del previsto, con un avanzo primario pari allo 0,4% del Pil. Tuttavia, le tensioni commerciali hanno aggravato i rischi, considerando in particolare la grande propensione all’esportazione. La crescita di lungo periodo è limitata dalla bassa produttività, dalla carenza di professionisti e dal declino demografico».
Il messaggio è chiaro: i conti in ordine non bastano, serve un progetto per il lavoro e la crescita.
Un governo senza bussola?
È qui che si apre il paradosso. Fitch certifica la solidità dei numeri, l’FMI segnala l’urgenza di riforme strutturali, ma il governo di destra sembra privo di una strategia. Non c’è un piano per aumentare la produttività, né per contrastare il declino demografico, né per rafforzare capitale umano e innovazione.
Meloni e Giorgetti si muovono come buoni contabili, capaci di rispettare vincoli e incassare plausi dalle agenzie di rating. Ma oltre questo, dov’è la politica economica? Può bastare l’arte di amministrare il presente, quando il Paese ha urgente bisogno di una visione per il futuro?