TRASMETTERE LA FEDE NELL’ERA DIGITALE. RATZINGER E LA SFIDA DELLA COMUNICAZIONE: DALLE OMELIE AL TWEET.

Ratzinger ha saputo usare i social media. “Il 12 dicembre del 2012 - ricorda Gisotti sull’Osservatore Romano - per la prima volta un Papa pubblica un tweet […] Si tratta di un gesto che viene paragonato da alcuni all’istituzione della Radio Vaticana da parte di Pio XI”.

Ratzinger ha saputo usare i social media. “Il 12 dicembre del 2012 – ricorda Gisotti sull’Osservatore Romano –  per la prima volta un Papa pubblica un tweet […] Si tratta di un gesto che viene paragonato da alcuni allistituzione della Radio Vaticana da parte di Pio XI”.

Alessandro Gisotti

Che sia stato un grande teologo è unanimemente riconosciuto, ma Joseph Ratzinger è stato anche un comunicatore notevole, con una cifra propria, la cui eredità supererà senza dubbio il limite temporale dell’esistenza terrena. Il fatto che Benedetto XVI non sia stato un comunicatore per le masse (per quanto nelle Gmg abbia attratto l’attenzione di milioni di giovani) non toglie affatto valore al suo stile di comunicazione. Innanzitutto, come teologo ha dimostrato che anche temi di alto livello intellettuale possono essere spiegati ai semplici ed essere alla portata di un pubblico ampio e non solo degli specialisti. Il successo del suo Introduzione al Cristianesimo, che è tutt’oggi — ad oltre 50 anni dalla pubblicazione — un best seller mondiale della pubblicistica religiosa, dimostra la innata capacità di Ratzinger di rendere ragione della fede in Gesù Cristo e di farlo con argomenti chiari e con un linguaggio affascinante e convincente.

Altrettanto si può dire per la trilogia su Gesù di Nazaret, un’opera nella quale Joseph Ratzinger ha messo tutto se stesso, riuscendo a completarla prima della rinuncia, nonostante le fatiche del governo della Chiesa universale. Si può perciò affermare che Benedetto XVI è stato un grande testimone della fede — e della sua ragionevolezza, come emerge da ultimo nel testamento spirituale — pure per il modo con il quale ha saputo comunicarla. In particolare, attraverso i suoi scritti, i suoi discorsi (alcuni memorabili, come ricordato da più parti in questi giorni) e le sue omelie, definite «sublimi» da padre Federico Lombardi per la sapiente armonia tra teologia, conoscenza delle Scritture e spiritualità.

Al Papa tedesco non sono mancati tuttavia i gesti e il coraggio di “rischiare” nel vasto campo della comunicazione. Benedetto XVI è stato il primo Pontefice ad incontrare delle vittime di abusi sessuali da parte di esponenti del clero. Un atto di grande significato anche comunicativo in cui Ratzinger ha messo al centro l’ascolto. Un ascoltare — lo si è visto negli incontri durante i viaggi internazionali — lontano dai riflettori e contraddistinto dalla disponibilità e dall’empatia, condizioni essenziali per avviare quel processo di conversione del cuore che oggi Francesco porta avanti convintamente e che è stato alla base del Summit sulla protezione dei minori del febbraio 2019. Pur non essendo mancate critiche da certi media per alcune sue decisioni, Benedetto XVI ha sempre mantenuto un atteggiamento positivo rispetto al mondo dell’informazione e degli operatori della comunicazione. Dalla conversazione con il giornalista tedesco Peter Seewald è nato Luce del mondo, libro che spazia su tutte le questioni più delicate del suo Pontificato, fino a toccare il tema della rinuncia. Benedetto XVI è anche il primo Pontefice ad aver inviato degli sms (ai giovani della Gmg di Sydney), a dialogare con gli astronauti della Stazione spaziale internazionale, a rispondere a delle domande in Tv in occasione del Venerdì Santo (quello del 2011), mentre nel Natale dell’anno dopo firma un editoriale sul Financial Times incentrato sull’impegno dei cristiani nel mondo di oggi.

Soprattutto, Benedetto XVI è il primo Papa che si confronta con l’irrompere sulla scena dei social network che rimodellano profondamente il contesto comunicativo globale proprio negli anni del suo Pontificato. Ben cinque dei suoi otto messaggi per le Giornate delle comunicazioni sociali sono dedicati a questo inedito areopago digitale. Insieme costituiscono una sorta di compendio del magistero della Chiesa su tale nuova realtà che ha cambiato non solo il nostro modo di comunicare ma anche quello di relazionarci con gli altri. Benedetto XVI coglie immediatamente il senso della rivoluzione dei social, che non sono tanto un mezzo da utilizzare quanto un ambiente da abitare. Conia dunque per le reti sociali la definizione “continente digitale”. Un continente, al pari di quelli geografici, che richiede l’impegno dei fedeli — in particolare dei laici, in linea con Inter mirifica — per evangelizzare questo nuovo territorio di missione. Il Papa comprende anche che va superata la distinzione tra virtuale e reale giacché quanto viene condiviso, e commentato, sulle nuove piattaforme ha conseguenze concrete sulla vita vissuta delle persone.

Benedetto XVI incoraggia i cristiani ad essere testimoni digitali più che influencer, a trasformare le reti sociali in «porte di verità e di fede». E non si limita a farlo con le parole. Il 12 dicembre del 2012 per la prima volta un Papa pubblica un tweet attraverso l’account @Pontifex aperto pochi giorni prima. Si tratta di un gesto che viene paragonato da alcuni all’istituzione della Radio Vaticana da parte di Pio XI . Non tutti approvano, temendo un’esposizione del Papa a critiche e offese, ma Benedetto XVI è convinto di una scelta che va nella direzione della nuova evangelizzazione. Ancora una volta un Papa sa cogliere le potenzialità delle innovazioni tecnologiche per raggiungere persone che, altrimenti, rimarrebbero escluse dall’annuncio evangelico. Poche settimane dopo l’apertura dell’account, Benedetto XVI rinuncia al ministero petrino, ma @Pontifex viene “riattivato” da Francesco che oggi, attraverso i suoi tweet in 9 lingue, raggiunge ogni giorno oltre 50 milioni di follower. Se dunque nei quasi 8 anni di pontificato, Benedetto XVI ha comunicato utilizzando i linguaggi più differenti con creatività e coraggio, nei quasi 10 anni da Papa emerito la sua comunicazione ha assunto una forma diversa, invisibile ma non per questo meno efficace: la forma del silenzio e della preghiera. 

Fonte: L’Osservatore Romano (3 gennaio 2023)

L’articolo è riproposto su gentile concessione del direttore del giornale.