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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Trump, Berlusconi, Malpensa e una politica fuori pista.

La radicalizzazione è un male. Eppure c’è in questi giorni un fondamentale momento di coesione nazionale. Una partita di calcio della squadra dei Politici contro la squadra nazionale dei Cantanti, a scopo di beneficenza.

Che sia amato od odiato, a Trump deve riconoscersi di avere il senso di una capacità comunicativa in ogni circostanza. Gli hanno sparato, per fortuna prendendogli solo un’orecchia di striscio. Gli uomini addetti alla sua sicurezza gli sono andati addosso per proteggerlo. Si ha la sensazione che Trump si sia quasi svincolato, abbia cercato una luce di visibilità tra i corpulenti che lo circondavano per mostrarsi ancora in gamba, intanto che urlava il suo singolare messaggio di pace: “fight, fight”, mentre alzava il pugno verso l’alto.

Il suo istinto gli avrà suggerito che quella era una inattesa circostanza per guadagnare punti in percentuale per la vittoria della Casa Bianca. È stato un attentato verso un candidato alla Presidenza degli Stati Uniti, non proprio giovanotto ma ancora ricco di energie. È attempato ma non se ne cura. ”Tu dai ombra alla notte, al giorno i rai. Tu il mondo attempi, e il paradiso eterni” scriveva nelle sue Rime, il buon Anton Maria Salvini, uomo di lettere e grecista del 1700, non il Matteo nostrano che pure nutre forti simpatie per Trump. Alla fine gli uomini del Secret Service hanno fatto fuori il cecchino che voleva togliere di mezzo l’impetuoso candidato, questa volta comprensibilmente dai capelli scomposti.

Cecchino sarebbe il nome dato dai nostri soldati a Cecco Beppe, l’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria, durante la Prima Guerra mondiale. Le sue milizie si appostavano e facevano fuori le nostre truppe con tiri di precisione. Altri dicono che per ben mirare occorreva chiudere un occhio e quindi si era “ciechini”. Fatto sta che la pace latita e gli istinti rissaioli sono presenti anche nella politica del nostro paese, pronta a condannare quanto accaduto in terra americana.

“Check in” è una procedura di ammissione in un aeroporto, un controllo a cui segue contestualmente una registrazione di ingresso in un determinato spazio. Si legge come, nel linguaggio alberghiero, indichi il tempo in cui un cliente arriva, consegna i documenti per la registrazione e prende possesso della stanza.

A Berlusconi si è intitolato tra infinite polemiche l’Aeroporto di Malpensa ma c’è una parte che inveisce perché invece non alloggi in zona. Tutto il laborioso alveare della Sinistra, compreso i Five Stars, ha urlato allo scandalo. Per loro il Cavaliere resta iconicamente una figura estremamente divisiva. Per i protestatari prevale il ricordo delle sue vicende giudiziarie piuttosto che gli incarichi istituzionali ricoperti nel corso della sua attività politica. Sala, il Sindaco di Milano, ha scritto a Marina Berlusconi sulla opportunità di un certo procedere, sottolineando come meglio sarebbe stato attendere che gli animi si distendessero in attesa che la storia stemperasse i giudizi sulla figura paterna.

Insomma era inevitabile che ci si schierasse da una parte o dall’altra, trattandosi di vicenda di rilevanza planetaria, forse perché volando si raggiunge ogni parte pur sparuta del mondo. Tra le critiche è quella anche di aver mancato di “garbo istituzionale” come se rivolgersi agli avvocati e mobilitare i Comuni di quel territorio per studiare un ricorso al TAR, contro l’ordinanza di Enac, sia invece da intendere come un atto di gentilezza.

Eppure c’è in questi giorni un fondamentale momento di coesione nazionale, da scolpire su tavola di marmo. Una partita di calcio della squadra dei Politici contro la squadra nazionale dei Cantanti, a scopo di beneficenza.  La Schlein, Conte, Giorgietti e La Russa ed altri, tutti insieme, potrebbero urlare, mutuando da “I have a dream” un sonoro un “I have a team”. Ogni tanto occorre dare un calcio alle diatribe e mettersi sottobraccio per qualcosa di buono. Poi, subito prima o dopo, riprendere a darsele di santa ragione.

L’aeroporto di Malpensa è, almeno per adesso, ormai intitolato a Berlusconi. Grazie all’adoperarsi dell’opposizione politica, potrebbe corrersi il rischio di ribaltare il senso del proverbio che recita: “Chi si battezza savio s’intitola matto”.  Così la squadra della Sinistra produrrebbe l’inverso effetto per cui “chi si intitola matto, si battezza savio”, riabilitando in questo modo il Cavaliere, malgrado l’intento fosse esattamente contrario.

Vale la pena rammentarlo. Berlusconi è morto. Ora è dove i suoi simpatizzanti e i suoi nemici non gli fanno più effetto. Gli sono estranei. A proposito di rispetto, non va tirato in ballo da nessuno per vantare posizioni di bandiera ed acquisire consensi. Ci sono urgenze maggiori che accapigliarsi in merito alla intestazione di un aeroporto, posto che ogni personalità all’uopo scelta, anche la più nobile al mondo, offre comunque motivi di critica ad eventuali detrattori.

Mettersi in testa ai rivoltosi è un esercizio politico che va scomodato per fatti che ne meritino l’attenzione. La testa, anticamente, era il coccio di terracotta. Ancora una volta è andata in frantumi la politica seria a cui andrebbe ricordato il monito dello scrittore Mino Maccari quando diceva: «Io non le chiedo di perdere la testa per me, ma semplicemente di trovarla». Per l’intanto, da Malpensa, la politica provi a volare alto, se ci riuscisse.