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sabato, 22 Novembre, 2025
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Trump davanti a Mamdani: l’arte dello shape-shifting

L’incontro amichevole alla Casa Bianca con il “sindaco comunista” di New York segnala un tendenziale riposizionamento del Presidente, in difficoltà nei sondaggi. Camaleontismo all’americana?

Un paradosso che dice molto

Come è andato l’incontro alla Casa Bianca tra il Presidente e il “sindaco comunista”? La politica americana, quando vuole, sa cancellare in un attimo le categorie. Così Donald Trump, leader che ha costruito il proprio consenso contro le élite urbane, scopre improvvisamente affinità elettive con Zohran Mamdani. Un paradosso? Sì, ma anche il segno che qualcosa, nella geometria del potere americano, sta cambiando. Trump lo dice apertamente: l’incontro l’ha “sorpreso”, ma gli “obiettivi sono condivisi”. È il come raggiungerli che li divide.

Dietro questa formula apparentemente anodina si intravede una torsione che potrebbe avere una torsione strategica. Trump, in difficoltà nei sondaggi nazionali e preoccupato dall’erosione del voto moderato, fiuta la necessità di aprire un fronte diverso: quello delle città. Non per conquistarne l’elettorato, ma per non restarne più ostaggio.

Trump cerca figure forti, non alleanze ideologiche

Il punto centrale dell’operazione è questo: Mamdani non rappresenta, per Trump, la sinistra radicale, ma il modello del leader “non allineato”, dotato di popolarità diretta, radicato nei quartieri popolari e capace di parlare fuori dai codici tradizionali della politica. È la stessa logica che ha reso Trump un outsider vincente nel 2016. Non deve stupire allora la battuta rivolta all’interlocutore: “Va bene darmi del fascista”. Un gesto di teatralizzazione del conflitto, utile ad alleggerire la polemica ideologica per concentrarsi sul rapporto personale.

Trump vede in Mamdani un “sé stesso rovesciato”, un interprete di un’altra America con cui però condivide l’istinto per il potere immediato, simbolico, mediatico. E questo lo affascina. È un linguaggio comune, pur nella distanza radicale dei contenuti.

Una nuova geografia del potere urbano

Ma c’è di più. Nel momento in cui i sondaggi mostrano un calo di fiducia verso l’Esecutivo – soprattutto tra gli indipendenti – Trump ha bisogno di dimostrare che sa ancora controllare i nodi centrali del Paese. New York, per lui, non è solo la città da cui proviene: è il luogo simbolico da cui è stato culturalmente espulso. Il dialogo con Mamdani gli serve come strategia di recupero. Non si tratta di alleanza, ma di influenza: un modo per affermare che la sua leadership non è confinata al mondo della cosiddetta America profonda.

La domanda allora è se questo gesto inauguri un riposizionamento reale o resterà as usual un episodio mediatico. L’imprevedebilità di Trump suggerisce cautela. Eppure, nella fluidità del quadro politico americano, l’incontro con Mamdani sembra rivelare una verità meno appariscente: il Presidente cerca nuovi varchi per restare competitivo, anche a costo di dialogare con figure lontanissime dal suo universo politico. Non per cambiare idea, ma per cambiare approcci