Diciamocelo a bassa voce ma diciamolo. Fa un po’ impressione ascoltare i vari talk televisivi, peraltro sempre più faziosi e sempre meno credibili, e le varie e molteplici dichiarazioni nei pastoni dei Tg pubblici e privati, prendere amaramente tanto che ormai la presenza dei cattolici democratici, dei cattolici popolari e dei cattolici sociali sulle reti televisive è, di fatto, quasi scomparsa. O meglio, è scomparsa del tutto. Come ovvio e scontato, non parlo dei cattolici in sè ma della tradizione, della cultura e del pensiero di quell’area culturale, politica e forse anche etica.
Quasi che ci fosse una scelta di “damnatio memoriae” nei confronti di una esperienza che, nel bene e nel male, ha comunque segnato il cammino e il percorso storico della democrazia italiana.
E non solo per l’intera prima repubblica dove la presenza e il ruolo della Democrazia Cristiana, cioè di un forte e qualificato “partito di cattolici” è stato decisivo e determinante per la guida del
paese. Ma anche all’inizio della seconda repubblica questa presenza politica è stata di livello.
Basti pensare al ruolo del Ppi a guida Martinazzoli, Bianco e Marini e alla Margherita o al Ccd e all’Udc di Casini e Follini. Ma da ormai molto tempo, almeno da quando ha fatto irruzione il populismo demagogico, anti politico, qualunquista e anti istituzionale del grillismo e dei 5 Stelle, il mondo e l’area del cattolicesimo democratico, popolare e sociale è letteralmente scomparso dagli
schermi televisivi. Certo, abbiamo un Presidente della Repubblica che è espressione di questa cultura, di questa tradizione e di questo pensiero. Ma è indubbio, come del resto tutti sanno, che il Capo dello Stato non svolge e non può svolgere un ruolo politico ma solo e soltanto un ruolo istituzionale che attiene alla difesa e al rispetto della Costituzione. Detto questo, resta la domanda centrale. E cioè, ma come è possibile che una cultura politica che adesso, e paradossalmente, viene addirittura evocata, invocata e richiesta dai suoi storici detrattori – cioè da tutti i vertici dei quotidiani progressisti e dai vari talk televisivi della sinistra giornalistica e mediatica – non riesca ad organizzarsi e ad essere presente? E quindi anche negli organi di informazione? Ma com’è possibile che quando si parla di questa storia politica e di questa cultura ideale siano addirittura invitati persone che nel corso degli anni hanno criminalizzato – politicamente – e demolito scientificamente questa presenza pubblica?
Detto questo, però, non possiamo non dire che forse – anzi sicuramente – c’è anche e soprattutto una nostra precisa responsabilità politica, culturale ed organizzativa nel non continuare a mettere in campo una iniziativa che sia in grado di contare e di pesare nella cittadella politica italiana. E se si rinuncia ad una presenza politica – attraverso un partito di riferimento o con una presenza significativa ed organizzata in un partito culturalmente plurale – difficilmente si può rivendicare ed ottenere una visibilità mediatica.
Ecco perché, al di là dei piagnistei e delle lamentele, è arrivato veramente il momento per porsi una sola domanda. E cioè, chi continua ad avere a cuore il ruolo, il peso e la mission della storia e della tradizione del cattolicesimo politico italiano non può più non porsi il problema della sua
presenza pubblica. Pena diventare complici della sua assenza e della sua scomparsa dal dibattito
politico e mediatico italiano.