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venerdì, 6 Giugno, 2025
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Un centro, per giunta cattolico, è davvero urgente e necessario?

“La mia vocazione «centrifuga» non la rinnego ma…”. Tra nostalgia politica e preoccupazioni per i nuovi estremismi, l’autore ripercorre le ragioni storiche e ideali del “centrismo cattolico”, interrogandosi sul suo (possibile) ruolo oggi.

Sono stato, sin da giovane, un “…centrifugo”. Essendo altino di statura, ho giocato per diversi anni a basket. Uno sport nato nelle buone università statunitensi e, ai miei tempi, molto meno veloce e atletico di quello odierno. Non ho mai giocato nel ruolo di centro o pivot. Non ero bravo, ero magrolino, e mi stancavo a guardare a destra e a manca per tutta la partita. Preferivo stare sui laterali, all’esterno. Anche per non dover costantemente osservare cosa facevano i miei compagni sulle due ali, per poi prendere rapidamente le mie decisioni.

Il  centro dei bravi e capaci, dei muscolosi, l’ho invece conosciuto e scelto nella sfera politica della storica Democrazia Cristiana. Posizionata in quello spazio politico centrale per oggettivi contesti storici, affrontava difficoltà culturali e ideologiche sovranazionali. A sinistra, un partito comunista stalinista e ateo, con ambizioni internazionali. A destra, i rigurgiti e le nostalgie del fascismo che ci aveva appena trascinato nella guerra, lasciandoci in eredità una ricostruzione penosa.

Il centrismo come necessità storica

Il centrismo politico e partitico di stampo cristiano nasce in Italia nel secondo dopoguerra, spinto da questa precisa contingenza storica. Una divaricazione tra destra e sinistra incompatibile con una sana democrazia bipolare, come ben descrissero Norberto Bobbio e Augusto Del Noce. Lo sintetizza bene anche Centrismo: vocazione o condanna?, con un’introduzione di Lorella Cedroni, pubblicato da Reset.

Come ricorda il direttore di questo quotidiano, Lucio D’Ubaldo, autore di un interessante webinar sul tema, già nel 1923 don Luigi Sturzo, in un articolo sul Popolo Nuovo intitolato Il nostro centrismo, metteva in guardia contro la banalizzazione delle categorie destra, sinistra e centro, definite da lui come “un semplicismo politico, troppo banale”.

Sturzo chiariva che il centrismo non era equidistanza né compromesso:

“…una politica da equilibrista che si ridurrebbe in fondo a non sapere che pesci pigliare… mancherebbe della logica programmatica, che fa discendere, da alcuni principii ideali e da vari postulati fondamentali, le ragioni pratiche dellazione e le posizioni politiche di lotta e di realizzazione”.

Parole da ricordare oggi, quando si parla di rifondare un partito di centro, anche di ispirazione cattolica. I “principi e postulati” di cui parlava Sturzo nel 1923 — a un anno dalla marcia su Roma e sotto minaccia di dittatura — erano in fondo gli stessi della democrazia politica che oggi, pur con difficoltà, ancora ci accompagna.

Dal serbatoio dellAzione Cattolica al disagio del presente

Appena un anno dopo quel suo scritto, Sturzo fu costretto a lasciare l’Italia per gli attacchi del regime fascista. La Dc centrista dei miei tempi, invece, nacque a Camaldoli, per necessità storiche — come chiarirono Bobbio e Del Noce — e fu alimentata da un grande serbatoio formativo: l’Azione Cattolica, con i suoi tre milioni di iscritti. Da lì è uscita una classe dirigente diffusa e preparata, oggi inimmaginabile per qualunque partito che si definisca di centro, moderato o cattolico.

Concludo questo mio excursus ricordando che, dopo la caduta del Muro di Berlino, sono ritornato alla mia originaria dimensione “centrifuga” e laterale. Ho sciolto alcuni interrogativi grazie al referendum Segni, favorevole al maggioritario e al bipolarismo.

Un centro come argine alla deriva

Oggi, però, la mia convinzione per un sano bipartitismo rafforza di fronte al panorama politico attuale: una “nuova destra” e una “nuova sinistra” dominate da sovranismo movimentista, massimalismo ed estremismo, populismo e improvvisazione, fino all’ammirazione per modelli autocratici.

Non stupiamoci, dunque, se da tutto ciò possano derivare rivoluzioni sociali, economiche e democratiche. È urgente — e forse necessario — ripensare un centro politico. Per difenderci, almeno, da questi estremismi antiliberali e anticristiani. O, nella migliore delle ipotesi, per mediare.