La minaccia all’uso del nucleare è paralizzante e impedisce ogni aiuto militare dell’Occidente, pena ritorsioni dagli esiti imprevedibili. È partita una campagna espansiva sul piano geopolitico e geoeconomico da parte di Russia e Cina: altro che mero spostamento di confini regionali o locali, qui le mire espansive non hanno limiti né remore
Continua l’avanzata dell’esercito russo nel cuore dell’Ucraina. Il bersaglio grosso è Kiev, accerchiata ed eroicamente organizzata a resistere fino a quando sarà possibile, per il valore simbolico di essere capitale e per quello politico di un possibile rovesciamento della guida del Paese.
Putin, spietato e sordo ad ogni invito a sospendere bombardamenti e atrocità belliche, se ne infischia del deferimento alla Corte suprema dell’Aia, come imputato di crimini di guerra e tira dritto per la via della distruzione, dell’annientamento di una Nazione: il popolo ucraino e quello russo sono fratelli ma uno è Abele, l’altro Caino, uno la vittima, l’altro il carnefice.
Palazzi distrutti e incendiati, l’esodo biblico che prosegue (già oltre un milione di profughi) mentre uomini e molte donne restano per organizzare la resistenza, morti e feriti lasciati sul campo da ambo le parti. “Il peggio deve ancora venire” ha detto lo Zar ad un Macron basito e paralizzato da una simile risposta, a fronte dell’ennesimo tentativo di mediazione del capo dell’Eliseo. “Le città ucraine non vedevano una simile crudeltà contro il nostro Paese dall’occupazione nazista”. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in uno degli ultimi videomessaggi diffuso tramite Telegram.
Nel frattempo in una sola giornata di spari e aggressioni ad alzo zero nella città di Kharkiv si contano 2000 morti: oltre 100 di loro erano bambini. Presa di mira anche la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’ Europa ma pare che per ora abbia retto all’attacco: sarebbe stato uno sfacelo. “Un disastro alla centrale nucleare di Zaporizhzhia sarebbe 6 volte peggiore di Chernobyl”. Lo ha riferito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e lo riporta il Kyiv Independent. “Sarebbe potuta essere la fine della storia dell’Ucraina e dell’Europa”, ha detto, aggiungendo che i russi “sapevano cosa stavano colpendo, hanno mirato al sito”. Si è poi appellato ai russi: “Come è possibile? Abbiamo combattuto insieme le conseguenze del disastro di Chernobyl del 1986. Ve lo siete dimenticato? Se ve lo ricordate non potete stare in silenzio. Dite ai vostri leader che volete vivere”.
Nel frattempo sono stati segnalati problemi tecnici nel monitoraggio delle radiazioni di Chernobyl. Ma non si tratterebbe di “problemi enormi” e dai dati disponibili la situazione appare “nella normalità”. Lo ha detto in conferenza stampa il direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea), Rafael Grossi. Intanto la flotta russa si prepara a sbarcare a Odessa: l’evidente obiettivo di Mosca è di guadagnarsi un corridoio terrestre a sud dell’Ucraina che, partendo da est e passando per la Crimea (annessa nel 2014), arrivi a Odessa per poi spingersi fino alla Transnistria, l’enclave separatista moldova dove già stazionano le truppe russe. In mezzo ci sono Mariupol, stretta in una morsa, e Kherson già caduta in mano russa.
Ormai l’Ucraina è un Paese devastato: attaccata da ogni lato organizza una strenua ma impari difesa. Le diplomazie internazionali sono al lavoro per una tregua seguita da una soluzione non belligerante ma la determinazione e la pervicacia di Putin non conoscono rallentamenti o ostacoli. L’ONU non interviene militarmente, lo fa con documenti durissimi ma senza esito, la stessa Nato evita un coinvolgimento militare diretto che significherebbe l’inizio di una terza guerra mondiale.
Dai tempi di Hitler non si assisteva ad una simile escalation dell’orrore e – come allora – gli avvenimenti assumono adesso le sembianze di una aggressione senza scrupoli, finalizzata all’inglobamento dell’intera Ucraina alla Russia: mi ha emotivamente colpito che lo abbia sottolineato la senatrice a vita Liliana Segre.
Era dunque tutto pianificato: i ripetuti appelli della NATO erano fondati e veritieri. Le immagini satellitari che mostravano già molti mesi prima il posizionamento delle truppe russe, diffuse dall’intelligence americana, parlavano chiaro. Le bugie russe sono state smascherate. Ogni tavolo di discussione, ogni smentita, era tutto falso. “Il 18 gennaio è stato approvato un documento trapelato dalle truppe russe che mostrava il piano di guerra contro l’Ucraina e le mosse iniziali per conquistare il Paese dal 20 febbraio al 06 marzo”. Anonymous svela i documenti dei segreti russi, carte alla mano.
Adesso i Paesi confinanti e l’Europa stessa sanno di essere il potenziale successivo bersaglio di una conquista territoriale inarrestabile. La minaccia all’uso del nucleare è paralizzante e impedisce ogni aiuto militare dell’Occidente, pena ritorsioni dagli esiti imprevedibili. È partita una campagna espansiva sul piano geopolitico e geoeconomico da parte di Russia e Cina: altro che mero spostamento di confini regionali o locali, qui le mire espansive non hanno limiti né remore.
Solo un mentecatto fideista e acefalo non si accorge che è in atto un vistoso declino dell’Occidente e con esso della democrazia, della libertà e dell’autodeterminazione dei popoli. Anche passando attraverso la guerra del gas e all’innesco dei meccanismi inflattivi. Come sostiene Federico Rampini stiamo diventando, senza accorgercene o senza dare alla circostanza soverchia importanza, dei malati terminali della civiltà, affetti da oblio di cultura e di valori, un tempo radicati.
La caduta di Kiev disvelerebbe scenari che già ora si intuiscono, quanto alla Cina i missili sono da tempo puntati su Taiwan e questo preoccupa Biden forse più di quanto sta accadendo in Ucraina. L’Europa sconta peccati di omissione e di blandizie, impegnata da decenni su diatribe e veti incrociati, i fondi strutturali ancora inutilizzati a causa di inconcludenti disquisizioni fino alla noia e all’inazione, indecisa sui flussi migratori gestiti con politiche diverse o elusi, inconsapevole dei dati demografici che riguardano l’esodo dell’Africa sub-sahariana da qui a metà secolo, paralizzata dalla burocrazia e da una debolezza sistemica che la rende terreno di conquista per chi non intende usare le buone maniere né si premura di bussare alle porte degli Stati.
Mentre molti pseudointellettuali si scambiano invettive dai sofà di casa o dai salotti televisivi, con una retorica autoreferenziale e inconcludente, satolla di opinioni bislacche e priva di una progettualità a breve termine, mentre altri invocano pacifismi irrealizzabili con file di persone che si danno la mano nei cortei pacifisti e nichilisti del negazionismo delle evidenze, la situazione sta precipitando.
Persino l’America, dal canto suo sta peggio di noi, cullando il sogno di fasti di altri tempi. L’anziano Gorbaciov – guida politica ispirata e nobile del ‘900 – che dal letto dell’ospedale in cui si trova, invoca unità di intenti e solidarietà tra gli Stati sovrani e i popoli, vede infranti i sogni della perestroika e della glasnost con cui aveva nobilitato l’apertura della Russia ai valori della pace e della libertà.
Inebetita dalla corsa alla digitalizzazione – eretta a panacea di tutti i mali – dai social, da Tik-Tok, dal rifiuto della scienza, dai negazionismi nichilisti e autolesionistici, infatuata dal miraggio dell’inclusione che ci fa aprire i porti alle infiltrazioni della via della seta, eterofili e soccombenti ci avviamo a ripetere i fotogrammi di un film già visto lungo tutto il ‘900.
Le premesse ci sono e la strada — ahimé — rischia di essere ripercorsa, passo dopo passo.