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giovedì, 6 Novembre, 2025
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Una sola regola per Trump: il dollaro. E intanto attacca Mamdani.

L’ultima del Tycoon: “Abbiamo perso un po' di sovranità…a New York”. L’America mostra segni di erosione democratica: tra amnistie simboliche, potere illimitato degli executive orders e un sistema piegato alla logica assoluta del denaro.

L’attivismo di Trump nella politica internazionale, al di là dei suoi effettivi risultati, non certo misurabili sulla base delle sue roboanti dichiarazioni, sta ponendo in secondo piano, da questa parte dell’Atlantico, quanto egli sta combinando negli Stati Uniti, a casa sua.

Con Trump grave involuzione

Ed è un male, perché a quasi un anno dal suo nuovo insediamento alla Casa Bianca sono molteplici i segnali che fanno temere una grave involuzione della democrazia statunitense. Ancora non irreversibili, come l’elezione del nuovo, giovane e radicale sindaco di New York ha testimoniato (e le vittorie delle candidate democratiche in Virginia e New Jersey hanno confermato), eppure sufficienti per destare più d’una preoccupazione. Con criptica disinvoltura, il Presidente ha commentato così il trionfo del “comunista” Zohran Mamdani “Abbiamo perso un po’ di sovranità…a New York, ma ce ne occuperemo”.

L’opinione del politologo Zakaria

Fareed Zakaria ha parlato, intervistato da Monica Maggioni (a In mezzora su Rai3), di uno scivolamento verso una sorta di “democrazia illiberale” (ne aveva già scritto con inusuale preveggenza in un suo libro pubblicato nel 2003); Marco Minniti, presente in studio, ha ribattuto – con qualche ragione – che una democrazia o è liberale o non è, per cui se l’attuale piano inclinato dovesse continuare a tendere in quella direzione si andrebbe verso una inquietante “autocrazia”, ovvero un sistema per il quale da un voto democratico iniziale prende l’abbrivio un sistema che trasforma l’assetto costituzionale di base in qualcosa di diverso. Qualche altro osservatore, va anche oltre parlando – spingendo forse un po’ troppo in là il concetto – di “dittatura presidenziale”.

Ora, al di là delle definizioni semantiche, è certo che l’interventismo trumpiano nello smantellamento di alcuni cardini della democrazia a stelle e strisce rivela un disegno alquanto preoccupante, interpretato da un Presidente egocentrico ed eccessivo ma elaborato da menti che al riparo della popolare vulgata MAGA hanno esattamente l’obiettivo di mutare radicalmente quella che è stata sinora la democrazia in America”, per usare il titolo del celeberrimo saggio di Alexis de Tocqueville.

L’uso spregiudicato degli Executive Orders

I “capi d’accusa” in questo senso – dal debordante utilizzo degli Executive Orders al tentativo di indebolire ogni Agenzia Federale che non si piega ai voleri presidenziali – sono numerosi e meritano uno studio approfondito. Certo che già un loro parziale elenco non può non preoccupare, specie alla luce delle ambigue affermazioni e degli enigmatici silenzi con i quali talvolta Trump ha fatto cenno ad un suo possibile “terzo mandato”, assolutamente incostituzionale. Brividi che corrono lungo la schiena ove si ricordi il drammatico assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 e l’amnistia in favore dei suoi autori prontamente decisa e attuata da Trump appena rieletto, condannati e ora liberati e così ringraziati. Di fatto, la legittimazione di un violento attacco all’istituzione democratica, alla sua sacralità, al suo indelebile simbolismo liberale faro di speranza e riferimento per tutta la civiltà occidentale.

Ed è forse proprio questo il vero bersaglio della rivoluzione interna al sistema concepita nei think tank finanziati dall’ipermoderna oligarchia plurimiliardaria del Big Tech, veicolata attraverso il movimento MAGA e la volgarità trumpianaalle masse impoverite dalla crisi economica e inebetite dai social media: superare la regola democratica, riscrivere le regole del gioco abolendo ogni limite, adottare e celebrare la regola del dio dollaro, unica e suprema.