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martedì, Febbraio 11, 2025
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Un’America non più amica? La risposta sta nella difesa comune europea.

Sempre di più emerge la statura politica di uomini come De Gasperi, ideatori di quella Comunità Europea di Difesa che prefigurava – 70 e più anni fa – un’autonomia europea in un quadro di alleanza con gli USA non supina.

La memoria storica tramandataci dai nostri padri e l’epica mostrataci in tante pellicole prodotte a Hollywood hanno raccontato a più generazioni di europei (cresciuti con grande loro – nostra – fortuna durante il più lungo periodo di pace mai vissuto sul vecchio continente) un’America buona che inviò qui i suoi ragazzi per liberare l’Europa dalla barbarie nazista.

Quella stessa America, terminata la guerra, finanziò il gigantesco aiuto economico che permise agli stati nazionali prostrati dalla devastazione bellica di ricostruire infrastrutture indispensabili per avviare quello straordinario rilancio industriale che permise poi agli europei occidentali di sviluppare organizzazioni politiche democratiche orientate a una qual certa solidarietà sociale attraverso la realizzazione dei sistemi di Welfare.

Per le generazioni meno giovani, dunque, l’America – ovvero gli USA, ma per anni l’abbiamo chiamata, sbagliando, semplicemente “America” – è stata un punto di riferimento positivo. E anche quanti la contestarono duramente, dai tempi della guerra in Vietnam in poi, non hanno però nel tempo potuto ignorare l’influenza – nel bene e nel male – che quella grande nazione ha esercitato sui popoli europei.

Questa memoria tende ad affievolirsi col passare delle decadi, non avendo evidentemente le nuove generazioni piena contezza di quella storia, sempre meno tramandata loro dalla generazione “boomer”, che di quella lontana storia era stata edotta dai padri, ma che non l’aveva vissuta direttamente. Oggi però, con l’avvento a Washington di questa nuova presidenza Trump per la prima volta anche chi ha sempre considerato gli americani buoni alleati deve fare i conti con un’eventualità alla quale non aveva mai pensato: quella di ritrovarseli come duri avversari. Nemici non ancora, amici però non più.

Ora, è chiaro che gli USA molto hanno investito in Europa ma molto hanno recuperato, in termini militari ed economici. Molto, davvero molto. È però pur vero che, dal punto di vista della difesa lo scudo protettivo dell’Alleanza Atlantica è stato da sempre primariamente finanziato dagli Stati Uniti. Per un interesse geopolitico ratificato dagli Accordi di Yalta che si è andato progressivamente riducendo dopo la fine dell’Unione Sovietica e del suo sistema di alleanze militari imperniato su quello che fu il Patto di Varsavia.

La richiesta agli stati europei partecipi di una NATO, nel frattempo allargatasi a nuovi membri prima aderenti al campo ad essa contrapposto, di elevare ad almeno il 2% del Pil il proprio contributo al mantenimento dell’Alleanza Atlantica arrivò infatti già all’epoca della presidenza Obama. Un nome che ci appare ancora fresco, forse perché ai tempi la sua gioventù e il suo carisma sprigionavano ottimismo e fiducia generalizzati, ma in realtà si tratta di una decade fa. Richiesta ribadita da Trump durante il suo primo mandato e confermata da Biden, ma alla quale – nonostante un impegno preciso assunto a suo tempo – pochi fra gli stati europei hanno effettivamente adempiuto.

Adesso però Trump minaccia fuoco e fiamme, e nel suo tipico stile alza, e di molto, il livello: dal 2% è passato al 5%, una percentuale che se raggiunta, azzererebbe il poco Welfare rimasto in favore di spese per armamenti. Una follia con la quale però bisogna confrontarsi. Il punto di caduta della imminente trattativa non è noto, ma è prevedibile si attesterà intorno a un 3/3,5 per cento da raggiungere nel tempo a partire da un 2/2,5 per cento da raggiungere subito. Comunque un problema, per stati già ampiamente indebitati e alle prese con una condizione economica non florida, che potrebbe essere ulteriormente aggravata dall’imposizione dei dazi doganali minacciati (anzi, assicurati) dal solito Trump. Un problema che in tanti cercheranno di limitare attraverso una trattativa diretta col focoso tycoon, soprattutto quanti, per motivi politici o ideologici, ritengono di essergli vicini.

Un errore che l’Unione Europea deve evitare ad ogni costo. Di questo si è parlato nella riunione informale del Consiglio Europeo della scorsa settimana. Differenziate, anche di molto, sono le opinioni emerse. La fragile UE di questi tempi difficili sarà in grado di armonizzarle in una posizione unitaria? Le dichiarazioni ufficiali, a cominciare da quella di Ursula von der Leyen, tendono a rassicurare al proposito ma le differenze emerse nel corso della riunione inducono invece a pensare il contrario. Fra la volontà di rispondere duramente (Francia, Germania) e quella di accondiscendere (Polonia, baltici) in mezzo c’è uno spettro di posizioni intermedie che alcuni (Italia in primis) ritengono di poter utilizzare per gestire il caso, trovando una qualche mediazione.

Una cosa è certa: in campo militare l’Europa spende molto ma spende male. Dilapidando risorse senza portare a casa alcun risultato concreto, perché priva dello scudo NATO non sarebbe in grado di difendersi così come non è in grado di essere incisiva sul sempre più complicato scacchiere internazionale.

Il motivo è noto a chiunque: ogni Stato ha una sua propria Forza Armata con tutte le duplicazioni conseguenti, in termini di catene di comando e dotazioni belliche. Se fossero unificate produrrebbero un Esercito europeo importante e ben finanziato. Ancor più, molto di più, in verità, se di esso facesse parte anche il Regno Unito: ma già questa affermazione rivela quanto arduo – e lontano – sia l’obiettivo, che anzi per i più non è neppure tale.

Il rischio, alto, allora è che si vada in ordine sparso a pietire da Trump un qualche compromesso al ribasso, una qualche dilatazione dei tempi, un qualche sconticino…Sempre di più emerge la statura politica di uomini come De Gasperi, ideatori di quella Comunità Europea di Difesa che prefigurava – 70 e più anni fa – un’autonomia europea in un quadro di alleanza con gli USA non supina. La CED venne bocciata, e sappiamo da chi. Adesso da Washington ci presentano il conto.