Vertice Italia-Africa, prove di nuovo multilateralismo.

Un'iniziativa diplomatica che proietta l'Italia in prima linea nella ricerca di quel nuovo equilibrio globale necessario per la soluzione dei conflitti in corso, del quale l'Africa può essere il laboratorio.

Probabilmente il modo in cui il recente vertice Italia – Africa, svoltosi nell’aula del Senato, è stato trattato nel dibattito politico interno, non aiuta a valutare il senso e gli scopi di una iniziativa politica internazionale, dietro la quale vi sono invece anni di concorde lavoro (iniziato prima del governo Meloni) delle istituzioni in uno sforzo diplomatico che proietta l’Italia in prima linea nella ricerca di quel nuovo equilibrio globale la cui necessità è dimostrata anche dalla perdurante mancanza di soluzione dei conflitti in corso. Un percorso che va al di là dei pur pressanti problemi contingenti, come il governo dei flussi migratori, o la gestione dell’instabilità seguita al collasso della statualità della Libia, e alle cosiddette “primavere arabe”, sulla sponda Sud del Mediterraneo. E che intende fare da apripista, innanzitutto per l’Unione Europea, a un nuovo modello di relazioni internazionali per il quale al nostro Paese viene riconosciuta in genere dagli interlocutori africani una credibilità che altri stati non hanno. E questo grazie anche alla traccia indelebile lasciata dall’Italia di Enrico Mattei.

Le effettive risorse messe in campo per le relazioni italo-africane sono certo un aspetto rilevante, e per ora critico, che rivela anche la necessità di un impegno più ampio dell’Unione Europea. Ma la cooperazione si nutre innanzitutto di un metodo, che è quello del Piano Mattei, proposto dal governo italiano, su basi di equità e di paritarietà attorno a cinque direttrici costituite da istruzione, salute, agricoltura, acqua e energia, con accordi che coinvolgono gli apparati amministrativi, le aziende, le istituzioni del sapere. La logica è quella del reciproco vantaggio e della concretezza che si traduce nel fare ciò di cui c’è effettivamente bisogno nelle assai diverse situazioni di stabilità e di sviluppo che convivono nella vastità del continente africano, riconoscendo a ogni contesto la facoltà di trovare una propria via, unica, nel perseguimento di traguardi condivisi che incarnano valori universalmente riconosciuti, dei quali nessuno può vantare la primogenitura, e senza voler calare ricette precostituite in modo univoco. Un modo di procedere che assomiglia molto al modo in cui sta crescendo la cooperazione tra i Paesi al di fuori dell’Occidente, e nel quale l’Italia si inserisce con le capacità di cui dispone.

Ma il valore forse maggiore di questa iniziativa diplomatica di cui il vertice italo-africano è insieme il coronamento e il punto di partenza, consiste probabilmente nella presa di coscienza che le relazioni amichevoli e reciprocamente proficue italo-euro – africane risultano possibili solo accettando, anziché subendolo, lo schema del multi-allineamento adottato da molti Paesi in Africa come nel resto del Sud Globale. Ciò che a questi Paesi interessa, è raggiungere gli obiettivi di sviluppo che si sono dati, collaborando senza pregiudizi con chiunque sia ritenuto un partner utile allo scopo. Un caso emblematico è quello dell’Egitto, Paese partner della Nato e nel contempo divenuto membro del Coordinamento BRICS. Anche il coinvolgimento di altri due Paesi BRICS, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, come Paesi donatori nel supporto finanziario agli obiettivi del Piano Mattei, sembra andare in questa direzione.

I suddetti cinque punti del Piano Mattei risulteranno realizzabili solo se, come già si sta facendo in campo energetico, si contempla la possibilità anche di lavorare a contatto con uno o più fra gli altri soggetti che sono in diversi campi partner dei Paesi africani, come la Cina, la Russia, l’India, la Turchia, il Brasile, insieme naturalmente agli Stati Uniti. In questa prospettiva, l’impegno per un salto di qualità nelle relazioni con l’Africa può rivelarsi assai prezioso intanto per cambiare la narrativa su questo continente, come ha affermato il presidente del Kenya, William Ruto, al vertice romano: “la narrativa sull’Africa era quella del conflitto, della malattia, della guerra. Ora sta cambiando. È opportunità, investimento, mercato e soluzioni”.

E poi anche per fare di questo nuovo modello di cooperazione con l’Africa un banco di prova per un nuovo sistema di relazioni internazionali improntate a un multilateralismo condiviso, basato sui valori e sui principi della Carta delle Nazioni Unite, unica via praticabile per fermare l’estensione dei conflitti e trovare soluzione a quelli in corso.