Violenza sessuale e giustizia: una gara entro 20 secondi decisivi.

La donna, hostess di professione, avrebbe atteso ben 20 secondi per opporre rifiuto alla tentata violenza denunciata. Un tempo eccessivo per i giudici. Il dissenso andava manifestato prima.

La questione puzza di stantio. Eppure, più si evita di annusarla tanto più ti accorgi che già ti entrata nel naso e ti costringe ad una smorfia non proprio di compiacimento.

Gorni fa, la Corte d’Appello di Milano ha sentenziato l’assoluzione dell’ex sindacalista Fit Cisl Raffaele Meola, all’epoca dei fatti in servizio a Malpensa, in ordine alla accusa di violenza sessuale di una hostess che in passato si era rivolta a lui per una vertenza sindacale. Potrebbe facilmente commentarsi che, chi mal fa mal…pensa. Così si sarebbe arrivati alla soluzione del caso e sciolto in una felice soluzione tutti quegli ingredienti che invece avrebbero fatto pensare, almeno da principio, per il contrario.

Più che di sesso, in molti sono rimasti di sasso ad apprendere la notizia. Immanentemente l’avvocato Manente, responsabile legale della Associazione Differenza Donna, ha dichiarato che proporrà ricorso in Cassazione.  Dovrà pur esserci una differenza tra ciò che è stato e ciò che ha mandato in tilt dallo schifo il tuo cuore. Il ragionamento seguito, in aderenza a quanto stabilito dalla Convenzione di Istambul, è che debba intendersi per reato sessuale qualsiasi atto sessuale compiuto senza il consenso della donna e il cui dissenso deve intendersi pertanto sempre presunto. Su questa linea l’onere della prova del consenso della donna dovrebbe essere a carico dell’imputato e non viceversa.

Se ben si è capito, il pensiero dei giudici che ci riguardano fonda sulla circostanza che la donna avrebbe atteso ben 20 secondi per opporre rifiuto alla tentata violenza denunciata e quindi un tempo eccessivo per potersi configurare un dissenso dalla criminosa iniziativa che ha lamentato a suo danno. Non si conoscono le carte e tantomeno si è stati presenti al dibattimento, dunque è sempre arduo esprimersi solo su notizia di cronaca.

In ogni caso, imprudentemente, si rammenta che Pietro Mennea, decenni or sono, in meno di una ventina di secondi segnò il record del mondo e non mancarono folle a spellarsi le mani per applaudire il fenomeno di Barletta, vincitore di una celebre corsa dei 200 metri piani. Il nostro indimenticabile campione ha avuto tutto il tempo di percorrere una curva di 120 metri per poi affrontare un rettilineo finale di altri 80 metri.

Non Mennea ma la mannaia della legge si è abbattuta sulla hostess che avrebbe dunque avuto tutto il tempo, nelle diverse fasi del suo scorrimento, di registrare l’approccio dell’uomo, realizzare le sue intenzioni, verificare di non essere lei ad ingannarsi, superare il momento di panico per quanto stava subendo e poi opporre finalmente resistenza.  Il giudice ha giocato di cronometro. Ha stabilito in una manciata di secondi, non si comprende il criterio, comunque inferiori allo stesso primato del mondo del nostro grande uomo di sport, il tempo per dare segno di rifiuto, mancando in aula la prova manifesta di contrasto al malintenzionato.

Chronos indicava per i Greci lo scorrere materiale dei minuti mentre il Kairos designava la qualità del tempo in relazione alla opportunità di una certa azione. I giudici di Milano si sono concentrati sul primo, forse trascurando che, solo di per sé considerato, può trarre talvolta in inganno.

Chronos, figlio di Urano e di Gea, del cielo e della terra, prese il posto del padre ed a sua volta fu spodestato dal figlio Zeus. Una vicenda tormentata. Quando ci si affida esclusivamente al Chronos si può correre il rischio di commettere qualche errore.

Per l’hostess ancora più tormentata è stata l’ammissione della Giustizia di essere stata creduta ma, per difetto di Chronos, non hanno potuto darle soddisfazione. Si fosse ragionato in termini di opportunità e di possibilità di un gesto forse si sarebbe arrivati ad un esito diverso. La donna, per i maligni, credeva forse di essere nell’Aion, secondo i Greci cioè nel tempo assoluto, una dimensione del tutto estranea al Chronos e in quella si sarebbe adagiata.

Nel corso di una violenza si deve, invece, essere lestissimi ad organizzare le idee, approntare le contromosse e soprattutto avere in tasca una clessidra che ti dica lo scadere dei 20 secondi, che ti rubi le lacrime che scendono, raccogliendole a gentile testimonianza. Venti di sventura per chi non saprà farlo.