Siamo alle prese con la tela di Penelope. Eppure…

Eppure l’area dc e popolare deve essere ricomposta. Chiusa malamente la partita elettorale, si profila all’orizzonte la battaglia sul referendum riguardante il pacchetto delle riforme costituzionali. Sapremo unirci contro il premierato?

Il 1° aprile scorso ho scritto “Se non ora, dopo il voto, ritessiamo la tela”. Il voto di giugno ha evidenziato quello che era previsto: orfani di una lista di area, i Dc e i Popolari si sono frantumati nel voto e/o nell’astensione, mentre si è rafforzato il bipolarismo Fratelli d’Italia-Partito Democratico. Abbiamo assistito al fallimento clamoroso, da un lato, dei due fasulli dioscuri del centro, Renzi e Calenda, e  dall’altro, del M5S. Accanto a questi dati oggettivi, ancora una volta assistiamo alla renitenza al voto di oltre la metà dell’elettorato italiano e Giorgia Meloni, ora come alle politiche  dell’autunno del 2022 e con un incremento del 3%, conquista la maggioranza relativa della minoranza dell’elettorato italiano. La Lega, grazie al generale Vannacci, tiene nonostante il sorpasso di Forza Italia, finendo col diventare un partito più a destra dello stesso partito della Meloni. Uno spostamento destinato a forti contrasti interni, a partire dal Veneto. Il Pd si rafforza ed assume il ruolo di polo di attrazione dell’alternativa di sinistra.

L’amico Giorgio Merlo che, alla vigilia del voto, aveva caldamente sostenuto la linea di Tempi Nuovi a favore della lista Calenda collegata al raggruppamento macroniano di Renew Europe, riconosce onestamente il fallimento di questa strategia, insieme all’evidente risultato positivo di Forza Italia, che assume sempre di più il ruolo di centro moderato di ispirazione popolare nella maggioranza di destra.

È da questi dati oggettivi che bisogna ripartire, tenendo presente che, se non avviamo un serio ripensamento della nostra strategia, rischiamo di far tacere per molto tempo la voce in politica dei cattolici democratici, liberali e cristiano sociali. E non fa storia l’elezione dell’amico Tarquinio tra i deputati europei del Pd, timorosi che non si ripeta anche per lui l’aforisma alla Donat-Cattin, secondo cui nel Pd, come nel Pci “è sempre il cane che muove la coda”.

Se l’obiettivo che intendiamo perseguire consiste nel voler concorrere alla costruzione del centro nuovo della politica italiana, ampio e plurale, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, alternativo alla destra nazionalista e sovranista e alla sinistra destinata a riunificarsi su posizioni sempre più radicali, è evidente che dobbiamo partire dalla volontà di ricomporre innanzi tutto le permanenti divisioni della diaspora Dc, le quali, col prevalere di non più accettabili velleitarismi personalistici, sono una delle cause della disaffezione del nostro potenziale elettorato, una parte del quale o si è disperso nel voto a destra o a sinistra, o, probabilmente in grande misura, si è rifugiato nel non voto.

Dovremo proprio ripartire da questa realtà presente nelle diverse parti del Paese, al fine di comprendere i bisogni e i valori di queste elettrici ed elettori renitenti al voto. In una nota ricevuta, l’amico Efisio Pinna mi scrive: “Caro Ettore, la sconfitta è su tutti i fronti. La pochezza culturale, progettuale, identitaria, di Sogno da condividere, di Valori Laici e sopra le parti, di una Leadership che avesse e la capacità di traguardare un “un Isola che non c’è”  ed un orizzonte che coinvolgesse proprio gli…abbandonati – quel famoso 51% a cui nessuno pensa – e altri temi su cui si può e si deve “unire” un Paese spaccato e frammentato, con logiche egoistiche e che non ha più una direzione chiara, racchiuso in se stesso e totalmente privo di uno slancio verso il Futuro, rappresenta la fotografia impietosa dell’Italia.

Solo una “nuova ed entusiasmante” Idea potrà smuovere il declino ormai inevitabile”.

Questa è la partita da giocare: come dare risposte e speranza alle attese dei cittadini italiani. Avevo scritto che la frase “o la va o la spacca” pronunciata dalla presidente Meloni, diventerà stringente se e quando saremo chiamati al referendum per il SI o per il NO al progetto del premierato elettivo, autentica “deforma costituzionale” indicata dal governo di centro destra. Con la riforma della giustizia e l’autonomia differenziata, insieme alle scelte imminenti sui vertici del governo dell’Unione Europea, la maggioranza dovrà affrontare alcune prove decisive per la sua tenuta, dopo l’obiettivo consolidamento emerso dal voto europeo, ma sarà proprio sul progetto presidenzialista che, anche noi, dovremo ripartire consolidando l’unità tra tutte le componenti di area Dc e Popolare, e potremo verificare se e con quali forze saremo impegnati nella difesa della Repubblica parlamentare e della Costituzione italiana.