Riforma delle Province, non basta il ripristino della elezione diretta degli organi.

Più che una proposta di legge, il testo unificato proposto dalla Commissione Affari costituzionali del Senato ha le caratteristiche di un fumoso manifesto politico.

Antonio Saitta

Ritengo che il nostro Paese abbia la necessità di un ente come la Provincia per svolgere, con risorse e personale adeguati, le tante funzioni che  non possono essere gestite dai singoli comuni (strade, scuole superiori, ambiente, piani urbanistici sovracomunali, difesa del suolo, vigilanza ittico-venatoria, protezione civile, etc.) e per supportare amministrativamente e tecnicamente i piccoli e medi comuni nella realizzazione di opere pubbliche, così come avviene in tutti i paesi europei.

Per questo motivo ho apprezzato la volontà trasversale del Parlamento di mettere mano alle modifiche della legge Delrio del 2014 che ridimensionò sia le funzioni dellEnte sia la sua rappresentanza democratica, impedendo ai cittadini di eleggere Presidenti e Consiglieri, trasformando inoltre dieci province in Città metropolitane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Roma capitale). La Commissione Affari Costituzionali del Senato ha unificato in un testo le otto proposte di legge presentate dai diversi gruppi politici ed è pertanto ora possibile esprimere unopinione in merito.

È positiva la proposta di ritornare allelezione diretta del presidente e del consiglio provinciale, del consiglio metropolitano e anche del sindaco della città metropolitana che non sarà più automaticamente il sindaco del comune capoluogo. È condivisibile anche la reintroduzione del sistema elettorale vigente prima del 2014, proporzionale e basato su collegi nei quali è ripartito il territorio provinciale, che consente una rappresentanza politica in tutti i collegi e un fortissimo legame tra il consigliere e la comunità che lha eletto. Peccato che questo sistema elettorale non sarà applicato nelle prossime elezioni provinciali, che dovrebbero tenersi nel mese di giugno del 2024 insieme alle elezioni europee e regionali, perché nel disegno di legge unificato non sono indicati i collegi elettorali. A questo dovrà provvedere il governo con un decreto legislativo entro dodici mesi dallentrata in vigore della legge che, se tutto andrà bene, sarà approvata in autunno; verosimilmente il percorso si concluderà nel 2025.  Non è certo casuale la norma transitoria inserita nel testo unificato che prevede che, se al momento delle elezioni i collegi non saranno definiti, si voterà con liste uniche per lintero territorio provinciale; in questo modo si darà più peso elettorale alle grandi città a svantaggio dei piccoli centri, dei territori agricoli e montani snaturando di fatto il sistema di rappresentanza tipico della Provincia.

Era logico attendersi il potenziamento delle funzioni delle Provincie che, in applicazione della legge Delrio, sono state in parte trasferite alle Regioni, alle agenzie regionali e a enti strumentali determinando diseconomie, deresponsabilizzazione e aumenti di costi. Il testo unificato si limita a indicare le funzioni fondamentaliche potranno subito essere esercitate, ma che sostanzialmente sono quelle che svolgono già adesso le Province. Per le nuove funzioni occorrerà attendere allincirca tre anni dato che il governo, entro diciotto mesi dallentrata in vigore della legge, dovrà individuarne altre con un apposito disegno di legge sulla base di criteri generici.

Le Province elette a giugno non potranno neppure contare su nuove risorse. Anche in questo caso occorrerà attendere un decreto legislativo del governo; nel frattempo come faranno le Province, che hanno già avuto pesanti tagli finanziari in passato, a garantire ancora per esempio la manutenzione e gli investimenti dei 130 mila chilometri di strade provinciali e delle 7000 scuole superiori che sono di competenza provinciale? Si interromperà la manutenzione di strade e scuole aspettando il decreto del governo?

Più che una proposta di legge, il testo unificato ha le caratteristiche di un fumoso manifesto politico condito di ovvietà e concetti organizzativi ormai abusati. Avrà effetti solo sullelezione diretta dei presidenti e dei consigli provinciali che, ripeto, è positivo, ma non potenzierà la Provincia, come sarebbe stato auspicabile, e non produrrà miglioramenti nei servizi, obiettivo principale di una politica che voglia rispondere efficacemente alla domanda dei cittadini.

È sicuramente mancato il coraggio di compiere delle scelte. Per i collegi elettorali, in fase di prima applicazione della norma, si potevano utilizzare quelli vecchi, magari accorpandoli ed eventualmente correggerli in seguito. Per il potenziamento delle funzioni c’è ancora tempo per un confronto con regioni e comuni per una ricomposizione delle funzioni di area vasta in capo alla Provincia, problema sicuramente difficile perché in questo periodo le regioni hanno una sorta di bulimiadi potere, ma risolvibile con la determinazione del governo. Per le risorse infine, il disinteresse del governo è imbarazzante!

La riforma Delrio è stata condizionata dal crescente populismo contro la politica di quegli anni e le province sono state le prime vittime sacrificali. La riforma attuale è condizionata da una annuncitediffusa che serve solo a dimostrare un attivismo politico che presto mostrerà i suoi limiti, con il risultato scontato che i consensidel più grande partito, quello degli elettori che non votano e che sono il 40%, cresceranno ancora.