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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Georgia, speriamo non sia una nuova Ucraina.

C’è la paura del futuro dietro le proteste che stanno infiammando la Georgia da circa un mese. Oltre l’80% della popolazione vuole che il Paese entri quanto prima nell’Unione Europea.

Fa una certa impressione vedere le immagini degli scontri fra polizia e manifestanti avvolti nella bandiera europea, a Tbilisi, Georgia. Anche perché vien naturale andare con la memoria a Euro Maidan, Kijv, Ucraina, dieci anni e mezzo fa. Situazioni diverse ma medesima ambizione popolare: andare in occidente e lasciarsi alle spalle i cupi ricordi del dominio sovietico. Che i giovani georgiani temono possano riproporsi nella realtà, vista la nuova aggressività dell’orso russo, che hanno ai confini del proprio paese e che già ha dimostrato 15 anni orsono anche nella stessa Georgia – così come oggi in Ucraina – quanto possa far male. Allorquando la Russia invase e occupò un quinto del territorio georgiano (le regioni autoproclamatesi indipendenti dell’Akhbazia e dell’Ossezia del Sud). Occupazione che dura tuttora.

C’è questa paura del futuro dietro le vigorose proteste di piazza che stanno infiammando la Georgia da un mese in qua. Prima rivolte contro la presentazione del disegno di legge e dopo contro la sua approvazione in Parlamento che gli oppositori hanno da subito qualificato come “legge russa”, per le similitudini con la normativa che agli albori del suo impero Putin fece votare dalla Duma: una legge che mise in gravi difficoltà i suoi avversari e ostacolò la libera stampa, primo passo per l’eliminazione di entrambi, cosa poi realizzatasi effettivamente.

In breve, la nuova legge sulla “influenza straniera” ostracizza le organizzazioni non governative che ricevono dall’estero almeno il 20% dei loro finanziamenti: queste ultime vengono così collocate in una lista speciale attenzionata dall’autorità politica, cioè del governo, e colpevolizzate in quanto portatrici di “interessi di una o più potenze straniere”.

È di tutta evidenza come essa si ponga in totale contrasto con la richiesta di adesione alla UE e al conseguente status di nazione candidata ottenuto da pochi mesi, dallo scorso dicembre. Del resto come la pensi Putin in argomento è noto, e dunque il partito di maggioranza filo russo, Sogno Georgiano, si muove in una direzione contraria a Bruxelles (anche se non con le dichiarazioni formali, che rimangono orientate in senso europeista) e questa legge lo testimonia. E apre la campagna elettorale (si voterà per le legislative il prossimo autunno: sì, ma in quale clima? A questo punto è lecito chiederselo) che il Primo Ministro Irakli Kobakhidze vuole vincere, anche se i sondaggi rivelano che oltre l’80% della popolazione vuole che la Georgia entri quanto prima nell’Unione Europea.

Per il Cremlino le proteste sono indotte e guidate dagli occidentali. La stessa accusa che venne rivolta ai manifestanti ucraini di Euro Maidan. E questo inquieta i georgiani, Comprensibilmente.