Verrebbe da dire, c’è da stupirsi dello stupore. Fuor di metafora, quale sarebbe la novità nel sottolineare che l’informazione de La 7 è politicamente militante, schierata e faziosa? E, al contempo, dov’è la notizia se si evidenzia che La Stampa e La Repubblica sono diventati, di fatto, due quotidiani di partito nel sostenere la sinistra e nel demolire il centro destra?
Dico questo perché, a volte, si creano notizie che di fatto non esistono. Mi riferisco, nello specifico, alla notizia che il Presidente del Consiglio si è rivolta, seppur ironicamente, agli spettatori de La 7 sapendo che si tratta di una emittente politicamente schieratissima. Una sorta di megafono alla Emilio Fede dei tempi d’oro, ma a rovescio, per intenderci. Come, credo, non è un gran notizia sottolineare che, ad esempio, La verità, Libero e Il Giornale simpatizzano per il centro destra e il Governo Meloni.
La differenza di fondo, però, è un’altra. Mentre i quotidiani di centro destra non si lamentano affatto se qualcuno lo ricorda, i protagonisti mediatici de La 7 si rivoltano, e anche duramente, se si ricorda che sono politicamente schierati e con atteggiamenti faziosi, tanto che a volte diventano anche imbarazzanti, se si vuole esprimere un giudizio o un commento disinteressati. Chi segue la rubrica quotidiana della Gruber, “Otto e mezzo”, per non parlare dei Floris, Formigli, Bianchi e via discorrendo, si trova di fronte a bollettini di propaganda politica, del tutto legittimi se non addirittura scontati, che vengono percepiti come tali dagli stessi spettatori. Pochi o tanti che siano non fa differenza alcuna.
Ecco perché, di conseguenza, ci si stupisce dello stupore. Ovvero, e lo ripeto, dov’è la notizia se qualcuno lo ricorda? È una notizia, per fare un altro esempio concreto, se alcuni organi di informazione della carta stampata sono politicamente schierati e qualcuno talvolta lo evidenzia?
Semmai, la vera notizia è un’altra. Ovvero, la singolare reazione di alcuni conduttori e giornalisti di quella emittente televisiva, cioè de La 7, se viene periodicamente ricordato – anche da esponenti politici – che si tratta di una informazione politicamente di parte e militante. Ma veramente c’è qualcuno in Italia che segue quelle trasmissioni, peraltro tecnicamente e professionalmente efficaci, che pensano si tratti di una informazione plurale, imparziale ed oggettiva? Ma davvero c’è qualcuno disposto a credere che quelle trasmissioni raccontino i fatti come capitano – quelli con una valenza politica, come ovvio – con la lente della non faziosità e del rispetto rigoroso di tutte le opinioni politiche, senza cioè esprimere giudizi partigiani da parte di chi conduce le singole trasmissioni?
Francamente si farebbe anche torto a questi professionisti se qualcuno attribuisse loro il “merito” di una informazione plurale e politicamente neutrale. Un torto anche grossolano perché, e molto semplicemente, tutti sanno che si è di fronte a una informazione e a una lettura quotidiana di fatti sostanzialmente condizionati ed interpretati con criteri politici di parte. E accompagnati da un bombardamento politico chiaro, preciso, netto ed inequivocabile.
Per questi semplici motivi è ancora necessario, anche se l’operazione è molto, molto difficile, avere un barlume di pluralismo politico, culturale e sociale nel nostro che è riconducibile al servizio pubblico radiotelevisivo, cioè alla Rai. Operazione molto difficile, lo ripeto, per il semplice motivo che anche da quelle parti la faziosità politica attecchisce da sempre ed è arduo correggerla in corso d’opera. Anche perché la volontà di accondiscendere il potere di turno – o, specularmente, di attaccarlo a prescindere – accompagnano da sempre il percorso e la storia dell’informazione del servizio pubblico radiotelevisivo.
Comunque sia, e se si può parlare di una regola, quello che conta è sapere come stanno le cose senza lamentarsi di fatti e posizioni che sono talmente evidenti e plateali che, appunto, non fanno neanche notizia quando vengono richiamati e sottolineati alla pubblica opinione.