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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Dibattito | Antifascismo sì e sempre. E anticomunisti…mai?

Sì, diciamolo ad alta voce e a scanso di equivoci: i veri ed autentici democratici sono chiaramente antifascisti. Ma, al contempo, i veri ed autentici democratici sono anche chiaramente anti comunisti? E, come ben sappiamo, di fronte a questa domanda si apre sempre il finimondo. Ovvero, si scatena l’universo progressista ed ex e post comunista italiano ad impartirci la solita lezione che il fascismo nel nostro paese c’è stato realmente 100 anni fa mentre il comunismo, con quella deriva dittatoriale, illiberale, anti democratica ed autoritaria che si trascinava dietro semplicemente non ha avuto cittadinanza. Ma questo grazie esclusivamente a quei partiti che si sono opposti. A cominciare dalla Dc con il contributo dei partiti centristi alleati. Elemento, questo, che quasi sempre non viene nè citato ed nè ricordato dalla “mainstream” nostrana.

Ora, ho voluto ricordare questa vecchia ed antica polemica per arrivare ad una sola conclusione. E che spiega, con molta semplicità e senza tante riflessioni politologiche, perché nel nostro paese persiste da decenni una indubbia, oggettiva, palpabile, manifesta e persin plateale “egemonia

culturale” del mondo progressista o di sinistra che dir si voglia. E cioè, ogni qualvolta in un qualsiasi dibattito – politico, culturale, sociale, religioso e men che meno giornalistico o televisivo – si pone la domanda banale di dichiararsi anche anticomunisti scatta immediatamente un tic che evidenzia l’inopportunità e, soprattutto, la provocazione della domanda stessa. Accompagnata da dotte ed argute argomentazioni sul fatto che rispondono ad un principio di fondo: e cioè, visto che il comunismo non ha mai governato nel nostro paese sin quando esisteva a livello europeo e mondiale qualunque ipotesi di deriva illiberale, dittatoriale, antidemocratica ed autoritaria legati quel sistema ideologico non ha avuto un riscontro concreto e tangibile. E, pertanto, ci si può tranquillamente definire ex e post comunisti senza alcun problema. Anzi, e al contrario, ci si può anche vantare ed essere orgogliosi di aver appartenuto a quella grande e gloriosa tradizione senza mai porsi il problema della compatibilità di quel pensiero e di quella tradizione ideale con la cultura e la prassi democratica.

Ora, senza infierire ulteriormente attorno ad un aspetto che è noto a quasi tutti, si può solo avanzare un’ultima considerazione. E cioè, per ragioni certamente spiegabili e del tutto razionali – e la responsabilità politica della Dc, al riguardo, è persin plateale e non richiede neanche di essere

ulteriormente approfondita – l’egemonia culturale, o la storica vocazione egemonica che dir si voglia, della sinistra ex e post comunista non è stata affatto scalfita in questi anni e continua a svolgere un ruolo decisivo e determinante. Nella Rai come nel cinema; nel teatro come nella letteratura; nelle università come nella carta stampata; nei giornalisti come nelle case editrici per non parlare della magistratura che resta il luogo prediletto di questa cultura. 

I casi sono talmente evidenti e verificabili quasi quotidianamente che non vale neanche la pena di soffermarsi più di tanto. L’unica domanda che si può fare, almeno da parte di tutti coloro che non sono nativi di sinistra o ex e post comunisti o progressisti, è una sola. E cioè, sino a quando dovremmo fare i conti con questa sostanziale egemonia culturale? Perché è vero che si tratta di una costante storica che addirittura parte già dopo la vittoria della Dc del 18 aprile 1948. Ma, al contempo, è anche vero che non basta continuare a denunciare l’egemonia culturale della sinistra nella società italiana ma ci si deve attrezzare sullo stesso terreno per cercare di ridimensionarla e, se possibile, di entrare in competizione. Senza alcuna volontà di azzerare quella cultura o di ricreare una nuova e rinnovata egemonia.