De Gasperi pensava la Dc come strumento e forza della Nazione

De Gasperi pensava la Dc come strumento e forza della Nazione

Di seguito il discorso del Sen. Casini, tenuto ieri mattina a Montecitorio in occasione della Cerimonia, promossa dalla Fondazione De Gasperi alla presenza di Mattarella, per ricordare lo statista trentino a 70 anni dalla sua scomparsa.

Il 19 marzo del 1943 un gruppo di esponenti cattolici, tra cui De Gasperi, si riunì a Roma per approvare “Le idee ricostruttive della Democrazia cristiana”, il documento costitutivo del nuovo partito. Dopo più di un anno proprio Alcide De Gasperi viene eletto primo segretario nazionale della Democrazia cristiana. Lo statista trentino volle creare una discontinuità con l’esperienza del Partito Popolare fondando un nuovo movimento che fosse un ponte per una nuova generazione di politici. 

Un partito laico di ispirazione cristiana perché, come dichiarato dallo statista: “Abbiamo fondato il nostro Stato democratico su un principio di laicità e di autonomia, con profondo rispetto per ogni fede religiosa. La Chiesa può guidare le coscienze ma lo Stato deve restare imparziale, legislatore di tutti e per tutti”.

Per lui la Democrazia cristiana è strumento e forza della Nazione, ma al centro della sua azione politica non può che esserci la persona umana: “Quando la concezione dell’uomo si affievolisce, l’organizzazione dello Stato tende a diventare collettivista ed assoluta. La dignità della persona umana porta invece all’uguaglianza nella legge. Cioè alla democrazia”.

Un partito, come dichiarato al Congresso di Napoli, capace di interpretare la maggioranza degli italiani, imperniato sull’antifascismo e sull’avversione ad ogni totalitarismo, come il comunismo sovietico che si avviava ad occupare mezza Europa.

De Gasperi vince le elezioni del 1948. La Dc da lui guidata prende la maggioranza assoluta dei votanti, ma subito il suo leader ricerca l’alleanza con i partiti laici: capisce che l’esercizio solitario del potere rischia di acuire le spaccature della società italiana. Avverte la necessità di associare altri alla guida dell’Italia e di allargare progressivamente il perimetro dei valori condivisi. “La democrazia – egli dice – non può essere il governo di un solo partito, ma deve basarsi sul dialogo e sulla cooperazione tra le diverse forze”. 

E ancora: “Noi dobbiamo avere la capacità di unire più forze per il bene comune”. In De Gasperi si manifesta immediatamente la grande attitudine della Dc: essere forza di attrazione della democrazia italiana attraverso un processo di apertura e di ricerca continua di alleanze.

Dal centrismo degasperiano, infatti, si passerà nei primi anni ’60, al centrosinistra di Fanfani e Moro e successivamente, nell’epoca buia del terrorismo, alla solidarietà nazionale, con un coinvolgimento istituzionale del Partito comunista a cui era preclusa, per le note ragioni internazionali, la presenza diretta nell’esecutivo.

La Democrazia cristiana sceglie la solidarietà con gli Stati Uniti e l’Alleanza Atlantica e, proprio per questo, è europeista. De Gasperi accompagna il processo di unificazione europea. Lo vorrebbe imperniato non solo sull’economia e sul commercio, ma sull’anima più propriamente politica: per questo sarà angosciato, alla vigilia della sua morte, per l’imminente bocciatura da parte francese della sua creatura, la Comunità Europea di Difesa. Egli diventò, con la sua Democrazia cristiana, riferimento della famiglia europea dei democratici cristiani.

Rimane nella storia italiana il discorso che il Presidente De Gasperi tenne nel 1952 in Trentino in occasione del suo 50° anniversario di azione politica; un compendio di ciò che è stato il suo servizio allo Stato e i valori che lo hanno sospinto nell’impegno partitico. “La Democrazia cristiana – disse in quell’occasione – è una forza conservatrice e rinnovatrice ad un tempo. Conserva e alimenta le forze spirituali, le nobili tradizioni nazionali e trae dal Vangelo frammenti di vitalità e fraternità. Rinnova le strutture sociali, l’organismo economico, l’architettura politica”.

Un partito di centro che sfugge ovviamente le classificazioni del giorno d’oggi: pluralista e interclassista, ma con la stella polare di una socialità diffusa che, non a caso, negli anni porterà frutti benefici come l’universalità e la gratuità dei servizi sanitari, l’accesso al sistema scolastico per tutti, la riforma agraria.

Infine, la Dc come grande partito plurale, con una classe dirigente rappresentativa dei diversi settori della società. Niente a che fare con la dimensione dei partiti personali leaderistici che si affermerà poi negli anni successivi. 

Certe amarezze di De Gasperi, nella fase finale della sua vita, quella “solitudine” di cui parlò la figlia Maria Romana, si spiegano anche con un dibattito interno molto aspro: la più grande dimostrazione di come un partito vero e grande, costruito su motivazioni solide, sopravvive anche alle leadership più forti e sa metterle in discussione.

Comunque vorrei lasciare proprio a De Gasperi le ultime parole sul suo partito: «Voi costituite un partito, cioè una parte della nazione, ma questa parte non è accampata nella nazione per dominarla o per dividerla, ma è collocata in mezzo ad essa per servirla». 

Per questo forse oggi, a 70 anni di distanza, ciascuno di noi non può, in qualche modo, non sentirsi degasperiano.

 

Il video della cerimonia alla Camera

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