Il 22 gennaio scorso, Luigi Sbarra ha rassegnato le dimissioni da Segretario Generale della Cisl, come anticipato in una recente intervista a “Avvenire” e poi comunicato agli organi confederali. Eletto nel marzo 2021, Sbarra ha guidato quello che un tempo si chiamava il “sindacato bianco” per quasi quattro anni, un periodo sufficiente per tracciare un bilancio della sua gestione sia sul piano politico che organizzativo.
La storia della Cisl è caratterizzata da intuizioni significative e battaglie fondamentali che hanno garantito un crescente protagonismo dei lavoratori nella società, contribuendo alla qualità della democrazia italiana. Numerosi sono gli esempi di come la confederazione di via Po abbia influenzato il dibattito e le decisioni sui principali temi sociali ed economici, attraverso accordi strutturali a livello confederale e una cultura della contrattazione di categoria e territoriale, elementi distintivi del modello di relazioni sindacali del nostro Paese.
Tuttavia, analizzando attentamente i quattro anni di gestione sotto la guida di Sbarra, non emergono iniziative paragonabili a questa prestigiosa tradizione. L’unica proposta di rilievo è la legge sulla partecipazione dei lavoratori alla governance delle imprese, lanciata e difesa con grande enfasi dal gruppo dirigente. In realtà, si tratta di un’iniziativa che prescinde dal metodo sostenuto sin dalla fondazione dell’Organizzazione; un metodo ricco di sostanza, dunque con ideali e contenuti, che ha sempre privilegiato il primato della contrattazione rispetto a normative tendenti a interferire su questioni di natura negoziale. In qualche modo rappresenta perciò uno scarto rispetto alla tradizione della Cisl, con rischi di strumentalizzazioni (v. le dichiarazioni del Vicepremier Antonio Tajani). Cosa accade? L’ultima legge di bilancio prevede uno stanziamento di 70 milioni di euro per le aziende che adotteranno questo modello, senza però obbligare le imprese ad aderirvi. Il paradosso è che alcune intese recentemente sottoscritte risultano molto più efficaci.
Rivolgiamo pertanto queste riflessioni con l’intento di ipotizzare quale potrà essere l’identità della Cisl nei prossimi anni. Speriamo che Daniela Fumarola, designata a sostituire il dimissionario Sbarra e alla quale rivolgiamo i nostri auguri di buon lavoro, magari nell’ottica di una apprezzabile autonomia decisionale, possa gradualmente invertire il percorso intrapreso dall’Organizzazione nell’ultimo decennio. Tra le criticità interne riscontrate negli ultimi anni si evidenziano:
- Un progressivo abbassamento della qualità dei gruppi dirigenti a vari livelli.
- Un dibattito interno pressoché inesistente; gli ultimi segnali di democrazia interna risalgono alla segreteria di Raffaele Bonanni.
- La marginalizzazione o l’allontanamento di chiunque esprima dissenso, spesso attraverso commissariamenti.
- Un sistema formativo, da sempre valore aggiunto della Cisl, attualmente stagnante e privo di prospettive.
- L’assenza di intellettuali di riferimento che tradizionalmente hanno supportato le elaborazioni dell’Organizzazione, come Romani, Baglioni, Saba, Tarantelli, Merli Brandini, Alessandrini, Costantini.
Tali indicatori denotano una significativa debolezza strutturale, spesso manifestata attraverso iniziative di intolleranza interna, in contrasto con i principi di solidarietà e centralità della persona umana sanciti dallo Statuto confederale. Anche questa prassi ha reso più debole il rapporto con la politica. Giova allora ricordare la grande manifestazione unitaria del 1997 contro le proposte della Lega Nord volte a dividere l’Italia. In quella circostanza, il Segretario Generale Sergio D’Antoni dichiarò dal palco di Milano: “Per il Sindacato non esistono governi amici!”. Ecco, ci sentiamo in verità di condividere ancora oggi, a distanza di ventotto anni, quella felice rivendicazione di indipendenza.
Come concludere? A fronte del grigiore burocratico, non esente da un eccessivo pragmatismo, troviamo migliaia di delegati nelle aziende private e nella Pubblica Amministrazione, quadri di base e dirigenti in tutto il territorio nazionale, che a dispetto delle attuali “regole di ingaggio” sono in attesa di potersi esprimere (di nuovo) senza timore di censure e ritorsioni. Tutto ciò rappresenta un enorme patrimonio di impegno e servizio, dal quale ripartire per rilanciare il ruolo che la Cisl storicamente ha ricoperto, non senza successo, nella storia democratica e sociale del Paese.
P.S. Il prossimo 9 febbraio ricorrerà il quarto anniversario della scomparsa di Franco Marini. Tutti coloro che si ispirano alla cultura e ai valori del cattolicesimo democratico e sociale non dimenticano la sua figura e il suo impegno nel sindacato, nella politica e nelle istituzioni.