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mercoledì, Febbraio 12, 2025
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Cleopatra al Quirinale: faraoni, senatori e complotti imperiali.

Gli intrighi dell’Impero e la personalità della Regina. Il duro confronto con Senatores e Iudices. Cesare impartisce l’ennesima lezione: nemmeno Cleopatra è sciolta dai vincoli della legge (e di chi l’amministra).

La regina Cleopatra/Meloni nel mese di Januarius in questa Roma che ormai non le è più amica, prova sulla pelle quanto governare macera animo e corpo. Gira come una trottola per il mondo conosciuto che lei chiama globo terraqueo, dorme sul carro tra un trasferimento e l’altro, scende e talvolta straparla.

Nello stesso Januarius, Cesare si è limitato a passeggiare con i suoi per il Senato e ad osservare la sua amata Cleopatra sbattere come una pallina sul piano del biliardo tra un problema e l’altro – e spesso producendoli pure, quando non era necessario. Cesare sa che Cleopatra/Meloni è stata educata da regina, incoronata faraone degli Egizi, essere lei stessa il Regno d’Egitto, ma ha pensato per amore che avrebbe portato una ventata di novità nell’Impero ingessato dai generali  e corrotto dalla burocrazia. Non si può certo biasimare l’amore senescente del Divo Giulio Cesare, ma lui stesso ora non sa come uscirne

Uno sgarbo di inizio anno non è di buon auspicio, hanno sentenziato i Sacerdotes Imperi e le Vestali. Meloni/Cleopatra si affida ai potenti Fenici e va oltre le Colonne d’Ercole da un’altro Imperator a chiedere come si recupera senza danno una nuntius dell’Impero finita nelle mani degli infidi Persiani quando nelle patrie galere, per puro caso, hai rinchiuso un Persiano. E risolto il caso ci torna sempre con i fidati Fenici per la festa di incoronazione dell’Imperator. Son dunque “corna” come le sagge Vestali suggeriscono? È mancato riconoscimento del potere di Cesare come suggeriscono i Sacerdotes? Cesare la prende male, e sopporta.

La regina nel frattempo ordisce la sua trama. Da tempo mal sopporta i Iudices dell’Impero. Non ne capisce il ruolo e nemmeno le funzioni. Nel suo Egitto c’è solo Lei, il faraone, che decide la sorte di tutti i sudditi. Se decide bene, applausi; se decide male, condannando qualche innocente, applausi lo stesso, e soffocati e rassegnati disappunti. Finché c’è il suo regno si fa così e si dovrà aspettare un altro Faraone per avere giustizia, forse.

Ma nell’Impero di Cesare ci sono altre regole. C’è il Senatus, il Concilium Plebis e uno svariato numero di Comitia e poi i Iudices. E su questi ultimi si concentra l’astio della Regina. C’è da dire però che si arriva a ricoprire la carica di Iudices in età matura. circa 40 anni di età. e la carica impone un codice di condotta rigido e una rotazione degli incarichi. La regina non guarda a queste sottigliezze, che pure Cesare stesso le aveva illustrato in più occasioni.

Stavolta, in un pomeriggio freddo ed umido di Januarius, corre su per il colle Quirites dove sta il Pontifex maximo custode della tomba del dio Quirino, padre della Patria e della Nazione dei romani, che chiamavano sé stessi “Quirites”, sventolando un foglio che un improvvido Iudices le ha mandato. Strilla e si affanna per la corsa, capelli al vento e il fiato corto va su già sapendo che cosa farà dopo: vuole informare il Pontifex che è lesa maestà, lei è un faraone in terra straniera e le si deve rispetto e fede cieca. Regina o faraone fa lo stesso,  è fuori dalla portata dei Iudices.

Il Pontifex maximo attende la regina curando gli affari suoi, ma la trafelata Cleopatra/Meloni lo raggiunge negli uffici mostrando fiera il foglio incriminatore. Ma è solo una nota, già vista nell’Impero, sulla questione degli alleati predoni del deserto della Libia felix (una volta), per un passaggio dato da Centurioni fidati a un noto predone, che altri Iudices dell’Impero cercavano di accalappiare mentre se ne andava in giro, menandola sotto al naso pure ai feroci Alemanni.

Il Pontifex la rassicura, Cesare di certo sarà già informato, è un nonnulla, succede a chi sta al Governo, poi tutto si sgonfia. Pessima tattica. La regina non va blandita. Ne esce torva e silenziosa. Ma quando è davanti ai suoi, e suoi non sono solo gli Egizi ma tutta la plebe dell’Impero, ritrova vigore e parla. Straparla, notano invero i Senatori, di complotti, di resistenza e di ricatti in ogni dove del globo terraqueo, di onore suo e di quello della Patria (di Cesare o la sua?), di Iudices che vogliono il suo posto di Governo ma senza i suoi voti. Finito di parlare apre la borsetta e dentro solo un piccolo foglio così vergato: “A Iudicibus soluti non possumus. Vale, Caesar”.