Finora solo il figlio di Musk, nell’innocenza dei suoi 4 anni, ha avuto il coraggio di apostrofare duramente Trump proprio nella stanza ovale della Casa Bianca: “Chiudi il becco. Non sei tu il Presidente”. Probabilmente ha ripetuto parole ascoltate a casa, ma il video è diventato virale, smorzando ironicamente il clima teso che aleggia attorno ai discorsi in corso tra potenti e soccombenti della Terra. A cominciare da quello del vice presidente J.D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, che ha relegato l’Europa in un angolo di irrilevanza, dopo averla ben bene schiaffeggiata. Un missus dominicus , ma ben istruito e indottrinato da Trump decisamente arrogante.
A seguire, Marco Rubio, Segretario di Stato, ha contattato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov per mantenere aperti i canali di dialogo (“dialogo con rispetto”), avviati con la telefonata tra il tycoon e Putin. Ancor più eloquente è stata l’affermazione dell’inviato speciale di Donald Trump per l’Ucraina, Keith Kellogg: “L’Europa sarà consultata ma non siederà al tavolo dei colloqui di pace sull’Ucraina”, precisando di appartenere alla “scuola del realismo” e che “ciò non accadrà”, come riportato da The Guardian. “Potrebbe essere come il gesso sulla lavagna, potrebbe irritare un po’, ma sono molto onesto”, ha dichiarato durante la conferenza.
Monaco 1938, 2007 e 2025: tappe storiche con pesi e contrappesi diversi, ma significative. Nel 1938 venne firmato l’accordo che impose al governo di Praga la cessione della zona dei Sudeti alla Germania. “Ma Hitler non si fermerà. Occuperà l’intera Cecoslovacchia e poi la Polonia, provocando lo scoppio della Seconda guerra mondiale” (Archivio Storico del Quirinale). Da qui la pertinenza del confronto fatto da Mattarella, definito in modo offensivo come ‘blasfemo’ dalla portavoce di Lavrov, Marija Vladimirovna Zacharova. Un attacco gratuito che non merita replica.
Nel 2007, Putin utilizzò la Conferenza di Monaco per segnare lo “strappo definitivo con l’Occidente”, attaccando il «mondo unipolare» governato dagli Usa dopo il crollo dell’Urss e denunciando l’allargamento a est della Nato. Un tema caro al dittatore russo, utilizzato per giustificare l’operazione militare speciale del 24 febbraio 2022. Sorprende come questa narrativa della provocazione occidentale abbia trovato sostenitori tanto a destra quanto a sinistra in Italia, tra negazionisti, intellettuali, giornalisti e opinionisti.
Oggi, la conferenza di Monaco appena conclusa apre la strada a incontri e trattative a Riad tra Trump, Putin e forse la delegazione ucraina, escludendo tutti gli altri. Una strategia che punta a un accordo bilaterale, ignorando l’alleanza tra Usa ed Europa, che ha sostenuto la tenuta delle democrazie occidentali (come giustamente sottolineato dal Prof. Vittorio E. Parsi). Al contempo, si strizza l’occhio alle pretese russe, trascurando le sofferenze dell’Ucraina: una nazione martoriata, umiliata, depredata (persino dei suoi bambini), bombardata, provocata e aggredita.
È sconvolgente che sia Trump a ipotizzare un cambio al vertice a Kyiv tramite elezioni farsa, aprendo all’eventualità che l’Ucraina possa diventare parte integrante della Russia. Trump procede in fretta e senza gli europei, trattando il conflitto come una questione di politica commerciale, quasi fosse una disputa sui dazi.
Dopo le elezioni americane, il pragmatismo trumpiano ha influenzato molte scelte politiche. Gli Usa rimangono per ora nell’orbita occidentale, ma resta da vedere per quanto ancora potranno essere considerati alleati affidabili. Trump parla del ritorno della Russia nel G7, ma esclude l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, adottando una politica protezionista e isolazionista che non ha mai pagato nel passato americano. Vuole giocare da dominus le partite aperte, distribuendo le carte a suo piacimento.
Nel frattempo, Starmer, Macron, Scholz, Tusk e Meloni cercano di ricucire i rapporti con la Casa Bianca, mentre Mario Draghi sul Financial Times rilancia prospettive di strategie europee autonome. Tuttavia, il suo “Rapporto sul futuro della competitività europea” non ha ancora ricevuto l’attenzione necessaria per un indirizzo politico ed economico coeso. Non si dica che “verrà il momento”: la Storia richiede visione e lungimiranza, con azioni concrete da parte di governi e istituzioni. Trump gioca su più tavoli separati, ma l’Europa ha il diritto di far sentire la propria voce e di rivendicare le proprie ragioni.