Sono giorni ed ore tristi, ma che comunque non scalfiscono quella verità cristiana secondo la quale con la morte non finisce tutto, anzi inizia una nuova vita. La vita e l’impegno religioso di Papa Francesco ne sono l’esempio più vero, più incardinato in quella sorta di mistero tra umano e sovraumano che, tra l’altro, rappresenta lo spirito autentico di questa vita terrena.
Il Papa venuto dalla “fine del mondo” è stato in grado non solo di rinnovare la Chiesa dalle incrostazioni del potere temporale, ma soprattutto di riportarla alle origini francescane: “la Chiesa è dei poveri e per i poveri”.
Come si può non aderire a questo principio, diretta emanazione del Cristo vivente?
Certo, le critiche nei suoi confronti non sono mai mancate da parte di quel “signorilismo” cattolico che ritiene essere la religione cristiana fatta per una élites che non ha niente a che vedere con i poveri, con i diseredati, con coloro che vengono considerati da quel borghesismo cattolico e politico come scarto della società.
Papa Francesco è stato soprattutto l’amico autentico di questi ultimi. E non poteva non essere così per lui che proveniva dai gesuiti, ossia da coloro che interpretano originalmente il messaggio e le parole di Gesù Cristo.
In questi ultimi giorni del dopo Pasqua abbiamo anche ascoltato e letto giudizi e considerazioni tutte avvolte da quel recinto cattolico che proprio Papa Francesco è stato in grado di rompere nel corso dei suoi oltre dieci anni di pontificato.
La Chiesa che si apre al mondo è la Chiesa che rompe le barriere dell’esclusivismo religioso verso le altre confessioni secondo il principio santo che tutti sono figli di Dio.
Papa Francesco ci ha insegnato anche questo, al di là della propria fede religiosa, al di là dell’ateismo. Infatti, il Cristo ci ha insegnato che figli di Dio sono tutti: credenti e non credenti, ricchi e poveri, ma che questi ultimi spesso sono condannati a vivere ai margini della società proprio per quella cultura borghese della quale la stessa Chiesa cattolica non è immune, anzi!
Oggi il mondo piange non solo un grande Papa, ma un grande uomo denso di umanità, soprattutto di umiltà, nella consapevolezza che i poveri e gli ultimi sono i prediletti di Gesù.
Il pensiero non può non andare al nuovo pontefice, a colui che dovrà prendere l’eredità di questo Papa. La Chiesa cammina con il mondo, ma con un mondo fatto di amore, di fratellanza, di ripudio di tutte le violenze, di ripudio della guerra, di ripudio di questa politica sempre più belligerante, di ripudio di questa economia che impernia sempre più la propria crescita sull’acquisto delle armi.
Papa Francesco ha rappresentato l’antitesi a tutto questo: con la forza delle idee cristiane ed umane si è scontrato con i potenti della terra, ricordando a ciascuno di loro che questa vita terrena è fatta per servire, per alleviare le sofferenze di chi ha bisogno, di chi bussa alle porte dei “signori opulenti”.
Sulla strada di Francesco ormai dovrebbero convergere non soltanto coloro che si dichiarano cristiani e che vivono la religione come usanza da tramandare da padre in figlio, ma anche coloro che sul piano politico continuano a sbandierare la fede cristiana ma poi aderiscono a scellerate iniziative belligeranti.