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Franciscus, il Pontefice dello “ius pacis”

Nei giorni scorsi abbiamo appreso che le ultime righe del Testamento di Papa Bergoglio fanno affidamento e pongono al centro le iniziative "per la pace nel mondo e la fratellanza fra i popoli".

Quando nei media si dice che Papa Francesco è stato il Papa della pace si dice una mezza verità. Infatti, nel mentre sono di pubblico dominio sia i suoi ripetuti inviti ai “potenti” di pervenire alla pace, sia la sua singolare e importantissima “rivelazione” che siamo già nella “terza guerra mondiale a pezzi” e sia la sua “definizione” della guerra “che è una pazzia”, i media non hanno ampiamente diffuso una sua “indicazione” rivoluzionaria su come favorire il cammino della pace.

L’indicazione “rivoluzionaria” è stata formulata in lingua latina e consiste in una locuzione di due sole parole di facile comprensione: “IUS PACIS”, cioè “diritto alla pace”, un diritto che nella storia umana ancora non esiste né negli ordinamenti giuridici e né nella coscienza collettiva dei popoli del Pianeta. La portata rivoluzionaria di questa “indicazione” è di solare evidenza. Ecco cosa ha detto testualmente Franciscus nell’incontro di preghiera per la pace con i leader Cristiani e delle religioni mondiali, Colosseo Martedì 25 Ottobre 2022: “… Non siamo «neutrali, ma schierati per la pace. Perciò invochiamo lo “ius pacis” come diritto di tutti a comporre i conflitti senza violenza»”

Un mese prima, cioè nell’Angelus del 22 settembre 2022, aveva affermato: “Per favore, facciamo respirare alle giovani generazioni l’aria sana della pace, non quella inquinata della guerra, che è una pazzia!”

L’indicazione del Papa, che ha preso il nome del Santo di Assisi (Assisi è la capitale mondiale della pace), ha un vero significato rivoluzionario perché non si rivolge ai “grandi” (ovvero i “potenti”) della Terra per implorare la pace, ma, sostanzialmente, si rivolge ai popoli considerati i soggetti attivi per la promozione della pace, per la buona convivenza fra tutti i popoli e per la dignità umana.

Per quanto io ne sappia, mai nessun altro leader di livello mondiale, prima di Franciscus, ha “sollevato” la questione dello “IUS PACIS”.  Ecco perché due anni fa ho osato, nel maggio 2023, di scrivere e pubblicare, in prosa e in poesia, un mio piccolo libro intitolato “Ius Pacis, Per un’epoca universale di cambiamento”. Non è mai “carino” citare sé medesimo, ma mi corre l’obbligo di porre in luce che le mie riflessioni presenti nel libro sono state generate dalle considerazioni di un Papa veramente straordinario.  Tanto straordinario da considerare e citare, in uno dei suoi discorsi urbi et orbi nella piazza dove le pietre parlano, l’articolo 11 della Costituzione italiana, che statuisce come “l’Italia ripudia la guerra”.

Francesco ha citato l’art. 11 nei giorni immediatamente successivi all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Precisamente durante l’Angelus di domenica 27 febbraio 2022 a proposito delle guerre (al plurale) in Ucraina, Yemen, etc.

Poiché la Costituzione italiana è scarsamente studiata e, inoltre, pochi decisori politici italiani parlano espressamente dell’art. 11 quando dissertano di pace e di guerra, ne riporto qui di seguito l’intero testo sottolineando che fa parte dei 12 principi fondamentali della nostra Repubblica:

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Sono consapevole che l’art. 11 ha più valore morale che giuridico. Ma vorrei sottolineare che la parola “Italia”, nella nostra Costituzione, è menzionata due volte. La prima volta, all’art. 1, per iniziare il testo costituzionale: “L’Italia è una Repubblica democratica …”; la seconda volta, all’art. 11, per affermare che “L’Italia ripudia la guerra…”.

Sull’argomento del “diritto alla pace”, mi corre l’obbligo di aggiungere che quando ho pubblicato il libro intitolato Ius pacis  (nel maggio 2023) non conoscevo quanto spiegato dal Presidente della Repubblica Mattarella il 3 luglio 2024 a Trieste, nel corso del discorso di apertura della 50ª edizione della settimana Sociale dei Cattolici, a proposito del fatto che il prof. Pergolesi, fin dal 1945, avesse parlato di “diritto alla pace, interna ed esterna, con la proposta di inserimento di questo principio nelle Costituzioni, dando così vita ad una concezione nuova dei rapporti tra gli Stati.”

In verità, il contributo dei cattolici nell’elaborazione dei principi costituzionali è stato fondamentale. E il Codice di Camaldoli, elaborato mentre era in corso la Seconda guerra mondiale, fu un punto di riferimento culturale di valore universale. D’altronde, nel solco tracciato dalla cultura cattolica, la Pacem in Terris di Giovanni XXIII è una pietra miliare nel cammino della civiltà senza la guerra. L’Enciclica fu pubblicata dopo la felice conclusione della crisi di Cuba, quando l’umanità rischiò di perire con uno scontro nucleare tra USA e URSS.

In effetti, l’umanità è, da subito dopo la Seconda guerra mondiale, a rischio di olocausto nucleare poiché ci sono nazioni dotate di ordigni in quantità sufficiente a distruggere l’intero Pianeta.

Pochi mesi fa le idee dei cattolici (e del Papa Francesco) sono ben interpretate, per fare un solo esempio, dal Presidente della CEI Cardinale Zuppi che, in un editoriale sull’Avvenire del 15 agosto 2024, tra l’altro ci dice che “siamo dentro la pandemia della guerra”, che è necessaria la fraternità fra i popoli per fermare la guerra e che “la guerra deve consumare la sua sconfitta ed essere svergognata della sua presunzione di riportare il mondo, raddrizzare il torto, assicurare il giusto.” 

Dopo la morte di Papa Francesco, avvenuta lunedì 21 aprile 2025, nel giorno della festa dell’Angelo conclusivo delle feste di Pasqua e nel giorno in cui si festeggia l’anniversario della nascita di Roma avvenuta, secondo la mitologia, nel 753 a.c., abbiamo appreso che le ultime righe del suo Testamento fanno affidamento e pongono al centro le iniziative “per la pace nel mondo e la fratellanza fra i popoli.”

Quando ho avuto (e continuo ad avere) occasioni di dialogare sull’argomento dello ius pacis ho avuto il conforto di significative considerazioni e apprezzamenti sulla natura e sul contenuto di questo diritto che dovrebbe farci superare la fase storica della barbarie delle guerre. Ma non mancano scetticismi che parlano di utopia. Al riguardo dell’utopia, mi prendo la libertà di citare quanto scriveva un filosofo vissuto secoli fa: 

“Senz’armi cominciò la Chiesa di Cristo: e, perdendo, sempre vinse: e tolse l’armi a’ nemici, essa disarmata: ed ella toglierà l’armi a tutti prencipi del mondo e resterà sola con l’uno e l‘altro gladio, senza dubio.”

Gli argomenti del filosofo, considerato “precursore del pensiero moderno”, assumono particolare significato e rilievo per un mondo di pace e senza guerre fra “prencipi”. Osservo che in genere i popoli non vogliono le guerre. Le guerre le vogliono “i prencipi”.