Ma ve lo immaginate un Franco Marini, per citare l’ultimo grande leader nazionale del popolarismo di ispirazione cristiana, che discute se costruire – o meno – una “tenda” centrista, moderata e cattolica all’ombra del partito “principe” per rafforzare ed irrobustire un progetto di centro sinistra?
Fuor di metafora, ma sino ad un certo punto, stiamo parlando dell’ennesimo ‘suggerimento’ dell’infaticabile Goffredo Bettini, fine analista ed autorevole dirigente politico del comunismo italiano – o post o ex comunista che sia poco cambia – sulla necessità di valorizzare, tenendo comunque a bada, anche la componente cattolico democratica o popolare all’interno della coalizione di sinistra e progressista saldamente gestita e guidata dalle tre sinistre italiane. Quella radical/massimalista di Elly Schlein, quella populista e demagogica dei 5 stelle di Conte e quella estremista ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis. Il tutto coordinato dalla macchina politica ed organizzativa della Cgil di Landini, oggi un po’ fiaccata ma non affatto in crisi.
Perché il nodo politico di fondo, alla fine, è sempre lo stesso. E cioè, come garantire una dignitosa presenza – cioè, per i non addetti ai lavori, una manciata di seggi parlamentari – a tutti i satelliti che ruotano attorno alla stella polare. Satelliti che vedono in prima linea, appunto, anche quei cattolici popolari e democratici che, del tutto legittimamente, continuano ad individuare nell’attuale coalizione di sinistra e progressista l’unico possibile spazio politico nella vita pubblica italiana. Ed ecco la proposta apparentemente innovativa e persino suggestiva ma che, purtroppo, si ripete da ormai svariati decenni. Perchè un tempo, più seriamente e più coraggiosamente – parliamo degli anni ‘70 ed ‘80 – veniva semplicemente definita come la presenza “dei cattolici eletti come indipendenti di sinistra nelle liste del Pci”. Oggi, poeticamente, potrebbe essere chiamata “una tenda“ per ospitare chi non si riconosce direttamente nel progetto delle tre sinistre ma che, comunque sia, è pur sempre indispensabile per confermare la natura plurale di quel contenitore politico e programmatico che va sotto il nome di “campo largo”.
Ed è proprio qui che torno e ripropongo la riflessione iniziale. E cioè, ma ve lo immaginare un Franco Marini – ma potrei citarne molti altri come, ad esempio, anche un Mino Martinazzoli – che si accontentano di giocare un ruolo gregario, politicamente irrilevante, culturalmente sterile ed anche organizzativamente insignificante all’interno della coalizione di cui dovrebbero far parte? Senza alcuna presunzione di intestarsi alcuna eredità o di farsi carico di interpretazione postume, francamente non ce li immaginiamo. E questo perchè è appena sufficiente scorrere la loro biografia politica, culturale e sociale per rendersene conto. Parlo, come ovvio e persin scontato, della loro concreta esperienza politica dal 1994 in poi.
Ecco perchè, quando parliamo, e giustamente, del futuro dell’esperienza del popolarismo di ispirazione o del pensiero o della tradizione del cattolicesimo popolare e sociale, occorre essere seri e avere un minimo di considerazione di quella storica cultura politica. Non riduciamola, per rispetto dei leader del passato innanzitutto, ad una “tenda” da costruire al più presto o a “comitati” estemporanei promossi da “federatori” in cerca d’autore e, soprattutto, di seggi messi gentilmente a disposizione dall’azionista di maggioranza di turno. Il futuro e la prospettiva di quella tradizione dipendono principalmente, se non quasi esclusivamente, da chi continua a riconoscersi in quel filone di pensiero. Ma, per cortesia, smettiamola di chiedere consigli e “suggerimenti” a chi, del tutto legittimamente, appartiene a tutt’altra storia. Facciamolo anche e soprattutto per rispetto dei nostri storici ed indimenticabili punti di riferimento che hanno saputo, con la loro azione, il loro coraggio e la loro coerenza incarnare in un determinato periodo storico la miglior tradizione popolare e cattolico sociale nel nostro paese.