Al di là della propaganda e della inevitabile ed oggettiva faziosità, quando si parla del sindacato e, nello specifico, della Cisl e della Cgil che sono finiti nell’occhio del ciclone in questi ultimi tempi, non possiamo non evidenziare un aspetto. E cioè, la Cisl e la Cgil hanno due modelli alternativi di concepire e di praticare il sindacato. Piaccia o non piaccia, e pur ricordando l’importanza dell’unità sindacale – tesi, questa, da sempre sostenuta dal sindacato cattolico – sono tali e tante le differenze concretamente emerse in questi ultimi anni che ci portano alla conclusione di una difficoltà strutturale e congenita a recuperare rapporti finalizzati a ridare al sindacato quel ruolo e quel compito che gli sono storicamente e costituzionalmente riconosciuti.
L’autonomia come discrimine
Due punti su tutti vanno evidenziati e sottolineati. Il primo è il capitolo dell’autonomia del sindacato. Non è, questo, un ritornello burocratico e protocollare. Per la semplice ragione che proprio questo è il tassello che separa, speriamo non irreversibilmente, le due organizzazioni sindacali. È indubbio che la Cisl, sin dalla sua nascita nel lontano 1950, ha fatto della autonomia nei confronti dei partiti e della politica la sua ragione fondante. Un’autonomia che, va pur detto, ha sempre guardato con spiccata attenzione all’esperienza politica della “sinistra sociale” di ispirazione cristiana nel concreto dibattito politico. Ma senza mai essere il banale prolungamento di questa qualificata e gloriosa esperienza politica. Sia quando era forte e ben visibile nella cinquantennale presenza della Democrazia Cristiana e sia quando era meno incisiva in alcuni partiti che sono succeduti alla Dc stessa.
Sul fronte della Cgil, invece e al contrario, la concezione della “cinghia di trasmissione” con il partito è sempre stato il filo conduttore che ha caratterizzato lo storico comportamento del “sindacato rosso”. Al punto che oggi, com’è emerso platealmente nell’ultima consultazione referendaria, non è più il partito che detta il percorso politico al sindacato, ma è lo stesso sindacato che detta l’agenda politica al partito di riferimento e, di conseguenza, alla coalizione di sinistra e progressista. Appunto, due modelli politicamente e culturalmente alternativi.
Due missioni a confronto
Il secondo aspetto è proprio la “mission” stessa del sindacato. Se la Cisl ha come unico ed esclusivo obiettivo quello della contrattazione nazionale e locale, di rafforzare la politica della concertazione con gli altri attori sociali ed istituzionali e di cercare in tutti i modi di “chiudere gli accordi”, come si diceva un tempo, il modello della Cgil, anche su questo versante, è radicalmente alternativo. Perché è la scelta politica il criterio dirimente. Quando si trova di fronte ad un Governo politicamente nemico od avversario – come nel caso specifico dell’attuale Governo Meloni – lo stesso ruolo del sindacato cambia. E quindi, e di conseguenza, partecipa organicamente al dibattito politico – come sta concretamente capitando da ormai 3 anni – per costruire, insieme ai partiti dell’opposizione, l’alternativa politica di governo con tanti saluti a tutto ciò che dovrebbe caratterizzare il ruolo e la mission di un sindacato.
Alternativa nel comportamento concreto
Ecco perché, al di là delle legittime opinioni e dei rispettivi ruoli, è indubbio che oggi, e ormai da tempo, c’è una perfetta e quasi scientifica alternativa nel comportamento concreto di queste due storiche organizzazioni sindacali. La speranza, comunque sia, resta sempre quella di far sì che prevalgano le ragioni dell’unità sindacale seppur in un contesto ancora lastricato da molte e strutturali divisioni. Perché, in ultimo, senza l’unità sindacale a pagarla sono sempre e solo i lavoratori. E questo dovrebbe sempre essere il faro che illumina le scelte e le decisioni concrete del sindacato. Qualunque sia la sigla e l’organizzazione.