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lunedì, 28 Luglio, 2025
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Dazi, un 15% che indebolisce Von der Leyen e imbarazza Meloni

L’accordo salva la facciata della solidarietà transatlantica ma espone Bruxelles e Roma a tensioni interne. Per la Presidente della Commissione si annunciano giornate difficili. Da Palazzo Chigi un consenso “trinitario” (Meloni, Salvini, Tajani).  

Dopo mesi di negoziati serrati, l’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno siglato un accordo che allontana lo spettro di una guerra commerciale dentro l’Occidente. Ma il prezzo, per il Vecchio Continente, è alto: dazi al 15% su gran parte delle esportazioni verso gli USA, laddove Washington minacciava il 30%. Un “compromesso necessario”, secondo Ursula von der Leyen, che lo ha annunciato accanto a Donald Trump dal resort scozzese di proprietà del presidente americano: “Abbiamo stabilizzato su un unico dazio al 15%, che rappresenta un tetto chiaro e comprensivo”.

LAmerica incassa, lEuropa si impegna

Il patto prevede anche dazi zero su alcune categorie strategiche – aerospazio, microprocessori, prodotti chimici e risorse agricole – e impone all’UE impegni significativi: 750 miliardi di importazioni energetiche dagli USA in tre anni e 600 miliardi di investimenti nel paese. Trump, fedele al suo stile, ha celebrato l’accordo come una vittoria: “Le nostre auto non erano praticamente ammesse in Europa, ma ora gli europei potranno scoprire i nostri pick-up e Suv. Saranno felici”. Restano ambiguità su acciaio e alluminio, con tariffe oggi al 50% e nuove quote promesse ma non dettagliate.

La cautela del Governo italiano

L’Italia, stavolta, si è fatta trovare pronta con una nota ufficiale di Palazzo Chigi a tre firme – Meloni, Tajani e Salvini – che sa di tutela multipla. Una “formula trinitaria” non solo istituzionale, ma anche politica: evidentemente la premier ha voluto blindarsi rispetto ad alcune posizioni della sua stessa maggioranza, pronte a cavalcare – vedi la Lega – la polemica contro ogni ombra di cedimento all’Europa. Il governo giudica l’intesa “una soluzione negoziata che scongiura il rischio di una guerra commerciale in seno all’Occidente”. E rivendica di aver contribuito al risultato “facendo squadra comune” e rifiutando “la trappola dello scontro frontale tra le due sponde dell’Atlantico”.

Von der Leyen sotto esame?

A colpire, nella nota, è la prudenza. Palazzo Chigi definisce “sostenibile” la soglia del 15% solo se non si somma ai dazi preesistenti – un punto su cui si attendono chiarimenti tecnici, ma che Trump a parole avrebbe garantito. Intanto a Bruxelles viene chiesto di rafforzare il Mercato Unico e diversificare i partner commerciali; ma anche di “attivare misure di sostegno a livello europeo per i settori più esposti”, lasciando intendere che le ricadute non saranno indolori.

In filigrana si legge un giudizio non entusiasta sull’operato della Commissione. Indubbiamente, il dossier dazi non ha migliorato la posizione politica di Ursula von der Leyen: l’ipotesi della sfiducia, benché non prevista dall’ordinamento, potrebbe farsi più concreta, magari per effetto di una certa moral suasion. D’altronde anche Weber, l’arcigno capogruppo del Ppe, ha rilasciato una dichiarazione ai limiti della freddezza.