Di recente al Presidente della Francia si sono aggiunti Canada, Singapore, San Marino, Portogallo, Gran Bretagna così che sono complessivamente 147 le nazioni che al mondo che hanno già riconosciuto lo Stato della Palestina ed altri prossimamente si aggiungeranno a questo elenco.
Si tratta di una presa di posizione che può costituire una buona palestra per capire se si ha la forza effettiva per mettere pace da quelle parti dove ad oggi risultano morti, a causa della fame, 89 bambini oltre a circa 200 adulti. Può darsi che invece ci si palleggi soltanto la palla senza sapere in quale porta segnare e soprattutto se farlo.
Una partita tra Stati e simboli
È un peccato che non ci si allarmi per piaghe simili che segnano tante popolazioni africane ma insomma non è il momento di mettersi a guardare ora troppo per il sottile.
I Pro Palestina ne vogliono riconoscere la soggettività e l’istituzione dello Stato con la speranza, se non la convinzione, che questa possa contribuire ad un piano di pace. Quelli che non si aggregano dicono che in questo modo non si fa che fare un piacere ad Hamas.
I confini geografici con relative frontiere, ad oggi mobili, non sembrano chiari ma è questione per adesso su cui è meglio non attardarsi.
Il verbo “riconoscere” sotto processo
Riconoscere è uno verbo che si fa forte del prefisso “ri” che ingarbuglia una situazione già non fluida fin dal punto di partenza. Già il solo ”conoscere” ha coinvolto pensatori e filosofie restando comunque una ambizione incompiuta. Nel mentre ci si dice certi di sapere di una materia, ne vien fuori, a tamburo battente, un aggiornamento che costringe continuamente ad una rincorsa su una gara che non ha mai un traguardo.
“So di non sapere” era la furbizia di Socrate che subito si arrendeva davanti al dominio di una conoscenza che scappava per sua natura dalle mani andandosene per fatti suoi, incurante di chi credeva di averla finalmente in possesso.
A voler fare gli speciosi si potrebbe sostenere che se presumo di conoscere una cosa non si comprende come possa “riconoscerla”, cioè conoscerla nuovamente. È una impellenza di doppiaggio che sa di idiozia.
Se conosco una cosa sfugge la ragione e la necessità di doverci ancora una volta tornarci su. Forse ci si potrebbe accontentare nel dire che si conosce lo Stato della Palestina o, meglio ancora, ne si prende atto senza aggiungervi altri rafforzativi.
In attesa di settembre
Forse per tirarsi fuori dagli impicci e dagli impacci grammaticali il nostro Governo ha dichiarato che questa decisione è per ora prematura evitando di dire immatura.
Ciò che è prematuro lascia aperta la porta ad una evoluzione positiva per il futuro, mentre immaturo sembra incline ad una condanna a morte perché indica come una negazione delle possibilità.
Il Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, uno che con le parole ci sa fare, ha tagliato corto sulla situazione ricordando che è già una decina d’anni che si è proceduto in tal senso.
In fin dei conti ciò che importa è che alla Palestina non le si faccia tana, dandole una identità solo per poi metterla fuori rango, secondo le regole dei bimbi quando ci si rincorreva ad acchiapparella facendo fuori l’avversario di turno, mettendolo fuori gioco.
A settembre, con il riaffacciarsi di un primo fresco, le idee saranno più chiare, meno annebbiate, e “conosceremo” gli esiti di tanti buoni o cattivi propositi.