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sabato, 23 Agosto, 2025
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Calenda e Renzi, ovvero la coerenza e il trasformismo

Nel panorama politico fluido e populista, il confronto tra i due leader del Terzo Polo mette in evidenza due atteggiamenti opposti: la coerenza di Calenda e il trasformismo di Renzi.

È difficile, molto difficile, garantire un briciolo di coerenza in un contesto politico fluido, leggero, post ideologico e, purtroppo, ancora fortemente venato dalla deriva populista e qualunquista di marca grillina. Eppure, anche all’interno di una cornice ancora politicamente molto fragile ed aleatoria, è possibile individuare chi mantiene una coerenza di fondo nella declinazione concreta del suo progetto politico e chi, invece, fa dell’opportunismo e del trasformismo la sua bussola di orientamento.

È il caso, nello specifico, del comportamento politico – e mai personale, come ovvio – di Calenda e di Renzi.

Il fallimento del Terzo Polo

Sì, tutti sappiamo tutto. Cioè, in sostanza, di quello che poteva essere e non è stato il cosiddetto Terzo Polo. È persin inutile tornarci sopra perché conosciamo perfettamente anche il genere degli insulti che sono volati nel rapporto tra i capi, e i sottoposti, dei rispettivi partiti.

Ma un fatto, però, è indubbio nonché oggettivo. Ed è l’aspetto politicamente più rilevante, oggi.

Se Calenda manifesta, checché se ne dica, una coerenza di fondo nel declinare un progetto politico che faccia del Centro non un feticcio o un mero strumento per soddisfare per sé e per “i propri cari” obiettivi di potere, il capo di Italia Viva, persin spudoratamente, persegue un disegno politico che rinnega sistematicamente e scientificamente tutto ciò che ha detto, scritto, predicato e blaterato in giro per l’Italia e nei vari e molteplici organi di informazione sino a poco tempo fa.

Ma come si fa, di grazia, sostenere e spiegare la coerenza politica, culturale e programmatica di una forza di Centro in una alleanza dominata dai populisti dei 5 Stelle, dagli estremisti del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e dal radicalismo della Schlein dopo aver urlato ai quattro venti per alcuni anni che il Centro, e la politica di centro, non potranno mai, e poi ancora mai, costruire una coalizione con simili posizioni politiche?

 

La logica dei seggi e la tenda” di Bettini

Ora, per non essere scolastici e, soprattutto, ingenui, tutti conosciamo le ragioni vere di questo plateale capovolgimento di posizioni. Il tutto, come ovvio, si riduce ad una manciata di seggi parlamentari gentilmente concessi dai veri azionisti di riferimento della coalizione di sinistra e progressista.

E, coerentemente con questa impostazione, il Centro però deve ridursi ad una banale ed insignificante “tenda” – secondo il famoso lodo Bettini – a garanzia della natura plurale della coalizione e dove, di fatto, il peso del suddetto Centro si circoscrive al compiacimento per avere ottenuto qualche seggio senza mettere in discussione chi detiene le leve della leadership politica dell’alleanza.

Lalternativa di Calenda

Esattamente alternativo è il comportamento politico, almeno sino ad oggi, di Carlo Calenda e del suo partito, Azione. Innanzitutto per la fedeltà all’impegno sottoscritto con gli elettori nel settembre del 2022 e poi, ed è l’elemento che più conta, per mantenere e salvaguardare quella che un tempo si chiamava “coerenza politica” oppure onestà intellettuale.

Ovvero, un minimo di collegamento tra ciò che si dice e ciò che si fa. E, sotto questo versante, la coerenza di Calenda è cristallina. Piaccia o non piaccia ai suoi detrattori è un dato che non si può sottacere.

E, del resto, storicamente, il Centro nel nostro Paese non si è mai nascosto. Nel caso specifico, in una “tenda” o in un accampamento o in un rifugio. Quando lo ha fatto, sia nell’uno che nell’altro schieramento, semplicemente è diventato ornamentale se non del tutto inutile e politicamente marginale e periferico.

Linsegnamento di Scoppola

Ecco perché, ieri come oggi, non si può aggirare il vecchio e nobile monito di Pietro Scoppola. E cioè, un buon politico, e non solo il politico cattolico, deve sempre sapere unire in modo armonioso e fecondo “la cultura del comportamento con la cultura del progetto”.

Quando una delle due sprofonda nel ridicolo – nel caso specifico il comportamento politico – anche l’altro è destinato a diventare grottesco. Se non, appunto, ridicolo