Diciamocelo con franchezza. Dopo l’intervento del Presidente del Consiglio al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, abbiamo assistito ad un dibattito leggermente surreale all’interno di alcuni segmenti dell’area cattolica italiana. Un dibattito che mi ha riportato indietro nel tempo quando all’interno della Dc c’era sempre qualcuno – anche se parliamo di “giganti” rispetto alla classe dirigente contemporanea – che si riteneva, a suo giudizio, più cattolico degli altri perché, forse, più coerente con le ragioni del cattolicesimo politico. Seppur nella sua versione democratica, popolare e sociale.
I precedenti nella Dc
Certo, e come al solito, c’era chi bollava questi personaggi con maggior sarcasmo come, ad esempio, Carlo Donat-Cattin quando li chiamava semplicemente “sepolcri imbiancati”. Il riferimento, neanche tanto mascherato, era rivolto ad un altro grande leader democristiano, Oscar Luigi Scalfaro. Eppure anche in quel contesto, dove c’era un partito votato dalla stragrande maggioranza dei cattolici e che aveva una cultura comune, c’era chi pensava di avere più titolarità e più autorevolezza nel rappresentarli. Una deriva che non solo non si è interrotta ma addirittura si è affinata e perfezionata nel corso degli anni.
L’attualità del vizio
Al punto che oggi, per venire all’attualità, c’è chi, pensando di essere originale, distribuisce patenti di coerenza, di lungimiranza e di serietà morale nel rappresentare con più dignità i cattolici nella cittadella politica italiana. È un vizio che, spiace dirlo ma è così da sempre purtroppo, arriva prevalentemente da sinistra, dove si sostiene che chi non vota quello schieramento è considerato come una sorta di traditore permanente. O meglio, un cattolico che sbaglia semplicemente perché non capisce il suo errore politico, culturale, programmatico e anche etico.
Pluralismo e libertà
Ora, e senza infierire ulteriormente e anche senza fare l’elenco di chi stende quotidianamente la lista degli erranti, sull’argomento vale una sola regola. E cioè, e persino scolasticamente, non ci sono cattolici di serie A e di serie B. Ognuno vota liberamente non solo perché da tempo il pluralismo politico dei cattolici è un dato largamente acquisito e ormai consolidato, ma anche perché – ed è questa la ragione principale – nessuno può intestarsi una maggiore coerenza rispetto al patrimonio culturale, politico, programmatico ed etico del cattolicesimo politico rispetto a chicchessia.
Sia di sinistra, di destra, di centro sinistra o di centro destra. E la presunzione di essere i più coerenti, frutto e conseguenza di una maldestra e singolare superiorità morale, è solo il prodotto di un’arroganza culturale mai sopita. Forse è anche arrivato il momento per chiudere definitivamente ed irreversibilmente questa pagina squallida e sempre più impresentabile che caratterizza alcuni settori dell’area cattolica italiana. Anche perché più si accampa questa presunta superiorità morale e questa ridicola altezzosità culturale ed etica, e più si spingono i cattolici verso altri lidi rispetto a quelli che si vorrebbero esclusivi ed autoreferenziali. In gergo si chiama eterogenesi dei fini.