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venerdì, 12 Settembre, 2025
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Le piroette non fanno Centro

Renzi gioca a inventare formule. Tra brand effimeri e boutade mediatiche, il vero nodo non è il nome del partito ma la collocazione di un Centro che rischia di restare spettatore nel “campo largo”.

E ci risiamo. Dove c’è Renzi, come oramai tutti sanno – compresi gli elettori che gli danno un sempre più misero 1,8% di consensi, fonte Youtrend di Lorenzo Pregliasco – ci sono i colpi ad effetto, le boutade e lo spettacolo. Insomma, le solite piroette. L’ultima in ordine di tempo, in attesa della prossima, si chiama “Casa riformista”. Cioè un luogo di un sedicente Centro che sostituisce e soppianta Italia Viva per dar vita alla cosiddetta “gamba moderata” all’interno della coalizione di sinistra e progressista.

Il nodo insormontabile

Ora, è del tutto encomiabile e anche apprezzabile che di fronte a un sostanziale fallimento politico ed elettorale di Italia Viva, il suo capo pensi a inventare altri brand, altre sigle e altri cartelli elettorali. Ma c’è un nodo da sciogliere, che resta politicamente insormontabile, al di là e al di fuori della fantasia dell’ex rottamatore, che pesa come un macigno sulla concreta possibilità di superare quel fatidico 2% dei consensi dove ormai tutti i sondaggisti lo inchiodano. E con lui le svariate e molteplici sigle potenzialmente centriste che affollano gli spalti del cosiddetto “campo largo”.

E il nodo è persino troppo semplice da spiegare e da descrivere. E cioè, in politica – e ieri come oggi il contesto non è affatto cambiato, almeno sotto questo versante – conta chi concretamente detta l’agenda politica, culturale e anche e soprattutto programmatica. E oggi, com’è chiaro a tutti – sedicenti centristi compresi – l’agenda politica nel ‘campo largo’ ha 4 protagonisti principali, se non addirittura esclusivi: la sinistra radicale e massimalista del Pd della Schlein, la sinistra populista e demagogica dei 5 Stelle di Conte e Taverna, la sinistra estremista ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis e il ruolo fondamentale che gioca il tradizionale “sindacato rosso” della Cgil a guida Landini.

Un nuovo Fronte popolare?

Oltre a ciò, per dirla in termini calcistici, c’è posto solo sugli spalti. Appunto, un piccolo ‘diritto di tribuna’ che viene gentilmente concesso alle miriadi di sigle, siglette, piccoli gruppi personali e autoreferenziali che affollano la periferia – molto periferica – del ‘campo largo’.

Per queste ragioni, semplici ma oggettive, è perfettamente inutile cambiare continuamente nome e simbolo. Il nodo, come si diceva un tempo quando esistevano ancora i partiti e la politica non era soltanto un fatto trasformistico e di mero opportunismo, è radicalmente ed eminentemente politico. Ovvero, parliamo di una coalizione che, semplicemente, ha cambiato l’asse politico e programmatico da un tradizionale ed organico centrosinistra a una alleanza di sinistra e progressista. Una sorta, per capirci, di “Fronte popolare” aggiornato e rivisto o di una inedita “gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria. Coerentemente radicale, populista, massimalista ed ideologica. Tutto il contrario, dunque, di un centrosinistra riformista e di governo.

Ecco perché, che si chiami Italia Viva, Casa riformista o partito del capo, la storia non cambia. Prima se ne rendono conto e meglio è. Non per i protagonisti, dove uno straccio di seggio è sempre assicurato, ma soprattutto per la credibilità, la coerenza e la serietà di un Centro riformista, democratico, plurale e di governo.