La gerarchia di potere che per secoli ha retto le sorti degli Stati – “Popolo – Istituzioni – Economia e Finanza” – è stata progressivamente rovesciata, fino a stabilire un ordine inverso in cui prevalgono “Economia e Finanza – Istituzioni – Popolo”. Una trasformazione epocale che ha relegato Culture, Valori e Principi a elementi marginali, sostituiti da strumenti e logiche della modernità elevati a fini in sé. Libertà, uguaglianza e fraternità, conquiste storiche della civiltà europea, sono diventate quasi d’intralcio a un modello che frammenta la dimensione collettiva in un mosaico di individualità in perenne concorrenza.
Il dominio degli oligopoli globali
Con la fine della guerra fredda, gli oligarchi russi hanno spodestato Gorbaciov perché giudicato un ostacolo al saccheggio dei beni pubblici. Intanto, oltre Atlantico, l’industria tecnologica e quella orientale hanno stabilito un modus vivendi che ha favorito la nascita di oligopoli mondiali. Tecnologia, armamenti, farmaceutica e finanza controllano oggi mercati, servizi, informazione e persino la formazione culturale dei cittadini. Il gigantismo aziendale – il “too big to fail” – ha ridotto la concorrenza e imposto la legge del più forte, a scapito di chi resta indietro. In questo contesto, la democrazia formale sopravvive, ma quella sostanziale arretra: la commistione tra pubblico e privato piega le istituzioni agli interessi economici, mentre le Costituzioni vengono svuotate del loro spirito originario.
La democrazia svuotata e l’Europa smarrita
Il fallimento degli accordi di Minsk, la guerra in Ucraina, le mire espansionistiche di Putin, Xi Jinping, Erdogan o Trump rivelano quanto fragile sia il quadro internazionale. L’Unione Europea, nata per superare i conflitti, non ha saputo dotarsi di una vera Costituzione comune e si presenta al mondo più come un grande mercato che come autorità morale. La stessa globalizzazione digitale accelera un processo di omologazione che marginalizza la ricchezza delle differenze culturali e spirituali. La nuova élite tecnologica punta a guidare masse omogenee, più facili da indirizzare, trascurando la lentezza necessaria all’apprendimento e al confronto democratico. È in gioco il futuro della stessa civiltà, perché la scienza e l’intelligenza artificiale, pur generando enormi opportunità, rischiano senza limiti etici di trasformarsi in minacce per l’umanità.
Rimettere l’uomo al centro
Trent’anni di globalizzazione hanno prodotto una società che premia solo chi conquista potere e marginalizza milioni di persone, considerate “irrilevanti”. L’emigrazione di massa, la discriminazione razziale e il negazionismo sono sintomi di un ordine mondiale che ha smarrito la dimensione morale. Le risorse della terra vengono sfruttate senza equilibrio, mentre lo spreco alimentare coesiste con la fame di milioni di individui. La povertà resta endemica e la ricchezza si concentra in poche mani, in assenza di meccanismi efficaci di redistribuzione. È tempo di ribaltare questo modello e di rimettere al centro l’uomo, con i suoi diritti e la sua dignità, orientando l’economia e la finanza al bene comune. Una grande assise mondiale delle associazioni culturali potrebbe segnare il punto di svolta, fissando nuovi principi inviolabili e ridando fiato a un progetto di democrazia reale, radicata nei valori e capace di resistere alle spinte autocratiche.
L’Europa non parte da zero: l’economia sociale di mercato, maturata nell’alveo della tradizione popolare, ha dimostrato che si può coniugare crescita e solidarietà, libertà e giustizia sociale. Riprendere quello spirito significa oggi restituire alla democrazia la sua forza più autentica e rimettere il popolo, e non i potentati finanziari, al centro della vita pubblica.
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