Il concetto di merito, oggetto di dibattito tra gli studiosi di organizzazione fin dagli anni ’50 negli Stati Uniti, non è sempre interpretato in senso positivo, come riconoscimento delle competenze dimostrate in ambito professionale.
Nel corso dell’ultimo decennio, esso è stato spesso associato a un’idea di competitività esasperata, che spinge soprattutto i più giovani a misurarsi con i propri limiti e con il fallimento delle aspettative personali.
Secondo alcuni studiosi, il concetto stesso andrebbe ridimensionato, se non addirittura superato, per evitare che la competizione diventi un principio di esclusione sociale.
Un sistema bloccato da favoritismi e inerzie
La situazione italiana, tuttavia, smentisce questa visione di una competizione senza regole. Nei diversi settori, pubblici e privati, prevale piuttosto una tendenza a premiare forme di clientelismo e “amichettismo”, che l’attuale governo dichiara di voler eliminare da ogni procedura di nomina o assegnazione di incarichi pubblici.
Intanto, il Paese affronta una crescente carenza di competenze professionali, accentuata dal pensionamento delle generazioni più esperte. In mancanza di una programmazione strategica che coinvolga scuola e mercato del lavoro, e senza criteri trasparenti per selezioni e promozioni, l’Italia continua a perdere giovani formati a caro prezzo, attratti da contesti dove le prospettive professionali sono più chiare e meritocratiche.
Dal settore sanitario all’università: la fuga dei talenti
Il caso più emblematico è quello sanitario: medici e infermieri lasciano l’Italia per Paesi in cui le condizioni economiche e lavorative sono più favorevoli, aggravando una carenza di personale ormai strutturale.
Fenomeni simili si registrano nelle aziende pubbliche e nel sistema universitario, dove le nomine a professore ordinario o associato avvengono spesso all’interno dello stesso ambiente accademico, senza il controllo di commissioni indipendenti. Anche il processo di selezione dei primari e dei direttori generali continua a rispondere a logiche poco meritocratiche.
Nel settore privato, nonostante la retorica sull’importanza delle risorse umane, il riconoscimento delle competenze resta più dichiarato che praticato.
Riscoprire il valore del merito
È urgente recuperare il significato autentico del merito, attuando processi di selezione chiari ed efficaci, in grado di offrire percorsi di crescita e retribuzioni proporzionate alle responsabilità, come suggeriva già Elliot Jaques in Lavoro, creatività e giustizia sociale.
Gli attori di questo cambiamento non possono essere solo i politici, ma anche imprenditori e manager, chiamati a valorizzare davvero le competenze.
Ignorare il problema non è solo una questione etica: significa compromettere la capacità del Paese di reggere il passo del mondo che cambia.