16.5 C
Roma
venerdì, 7 Novembre, 2025
Home GiornaleIl Pd deve essere un luogo o un partito?

Il Pd deve essere un luogo o un partito?

Il problema non è più la genealogia politica delle culture confluite nel Pd, ma l’irrisolutezza del suo profilo identitario: partito politico reale oppure contenitore di sensibilità diverse?

In uno dei congressi post comunisti, lungo la sofferta transizione dal Pci al Pds e ai Ds, Arturo Parisi propose a quel partito di “sciogliersi”. Sulle prime sembrò una provocazione, oltre i confini del galateo politico. Ma forse, invece, si trattò di una premonizione, dato che una parte di quel passato è ancora tale, e che una parte di quel futuro promesso allora è ancora in attesa.

Il nodo identitario

Naturalmente, un conto è la storia comunista, tutt’altro la vicenda del Pd, partito che ha dentro di sé molte (troppe?) culture, difficili da amalgamare e impossibili, però, da archiviare. Così oggi quel partito sembra trovarsi, una volta di più, in mezzo al guado, in sospeso tra quello che pretende di non essere più e quello che non è mai diventato fino in fondo.

Il dilemma sospeso

La questione non riguarda certo solo i nipotini di Botteghe Oscure, ma interroga anche quanti con la storia del comunismo – sia pure “italiano” – non hanno mai avuto nulla in comune. Che tutto questo riguardi da vicino il destino del partito democratico è piuttosto ovvio. Se non altro per il fatto che quel partito aveva il compito di uscire dal labirinto ideologico e di farne uscire anche gli ultimi protagonisti di quella storia. Cosa che forse si potrebbe ancora fare. Forse. A patto di chiarire il punto più critico di tutta questa vicenda e cioè se si pensa che il Pd debba essere un luogo o invece un partito. È questo il nodo che Schlein non sembra riuscire a sciogliere. Forse perché per lei, testardamente unitaria, il luogo conta più del partito.

Fonte: La Voce del Popolo – 6 novembre 2025

[Testo qui fiproposto per gentild concessione dell’autore e del direttore del settimanale della diocesi di Brescia].